Dunque, non vorrei sembrare dissacrante, ma non c’è niente di più libero, forse, in un certo qual modo, pure anarchico, come il mestiere dell’insegnare.
Qualunque processo formativo parte dal presupposto che le metodologie e gli strumenti impiegati sono scelti dal formatore nella sua più ampia autonomia.
Per questo il compito di un maestro, di un professore, di chiunque abbia un ruolo nel trasferire ad altri conoscenza è delicato, con grande responsabilità, perché il suo valore si potrà giudicare solo al termine del percorso formativo decretandone o il successo o il fallimento e in quest’ultimo caso il danno sarà evidente a babbo morto, purtroppo, ed il tempo inesorabilmente passato.
Fatta questa doverosa premessa, appare evidente come sia complicato parlare di formazione conto terzi.
Ci proverò lo stesso
.
In questo, come in altri forum, si è assistito spesso a veri e propri duelli rusticani sulla posizione esatta del mignolo della mano sinistra di un tennista destroide nell’eseguire un determinato colpo
, coperte tirate a dx e a sx per accorgersi, alla fine, come fossero comunque corte.
Bill Tilden, si proprio lui, quello di più di ½ secolo fa
, si prese la briga di mettere insieme e, in un certo qual modo, per primo codificare le basi tecniche di un tennis sufficientemente efficace per riuscire a mettere in difficoltà il proprio avversario.
Bene, questo insieme di principi e norme comportamentali sopravvisse praticamente intonso e comunemente così adottato fino a quasi il raggiungimento del secondo millennio e, ancora oggi è rappresentativo per alcuni aspetti del tennis giocato a tutti i livelli; si tratta di più di 50 anni, anno più, anno meno, di fermo immagine, dove il tennis ha parlato praticamente una sola lingua.
Negli ultimi 20/25 anni, invece, il tennis ha vissuto una moltitudine di evoluzioni, sia tecniche, sia comportamentali, dove tutto ed il contrario di tutto ha caratterizzato le sceneggiature dei principali protagonisti della scena.
Ora, parlare di modelli in questo contesto mi sembra un esercizio estremamente complicato già per i PRO, figuriamoci per il tennista amatore
!
Quale modello e perché il più recente dovrebbe essere migliore di quello precedente che, per la cronaca, sarà durato un battito di ciglia se paragonato all’autarchico pluriennale periodo Tilden?
Intendiamoci, non sto sponsorizzando il metodo Tilden, che un metodo non è, per la verità, quale ancora oggi adeguato modello di efficacia, ma vorrei solo sottolineare come il periodo delle sicurezze e, oramai, purtroppo (?), per fortuna (?), passato e in questo fiorire generale ed incontrollabile di metodologie in continua concorrenza tra loro, ognuno dovrà avere la capacità e, forse, la fortuna, di individuare il sistema a lui più congeniale, perché, in fondo, in un modo o nell’altro, sempre di buttare di là una palla si tratta e come farlo è solo un mezzo e non il mezzo dove il dettaglio, probabilmente, non rappresenta sempre questo reale valore aggiunto per i livelli basici di un tennista amatore, questo aspetto non andrebbe mai dimenticato per non avviare il malcapitato in tunnel che potrebbero risultare, per questa tipologia di giocatori, molto bui.
Concludo dicendo che, ironia della sorte, nel periodo passato in cui il tennis sembrava essere molto più monocorde sotto il profilo tecnico e comportamentale, si è potuto assistere ad una varietà di tipologie di giocatori e di opzioni tattiche molto articolate che fecero la fortuna di questo sport rendendolo l’attuale showbusiness, ora che il bagaglio tecnico del tennis è in continua e randomica evoluzione, assistiamo ad un tennis estremamente monotono e monocorde con giocatori che a volte sembrerebbero essere proprio clonati tra loro.
Nostalgia?
Forse un pochino
, però …