[size=34]NEL 1982 GLI STATI UNITI DI MCENROE SPENGONO IL SOGNO DELLA FRANCIA DI TORNARE A VINCERE LA COPPA DAVIS[/size]
SU 13 DICEMBRE 2021 DA NICOLA PUCCIIN TENNIS
articolo di Nicola Pucci
Guidata dal genio tennistico di John McEnroe, la squadra di Coppa Davis degli Stati Uniti è detentrice dell'”insalatiera d’argento” del 1981, anno in cui la prestigiosa competizione a squadra si è disputata per la prima volta con il tabellone finale a 16 ed in cui le Nazionali si sono sfidate con la formula dell’eliminazione diretta.
Non è stata, ad onor del vero, una passeggiata per la squadra capitanata da Arthur Ashe, che dopo aver rimontato il Messico al primo turno, 3-2 grazie ai successi dell’ultimo giorno di Roscoe Tanner e McEnroe, ha dato vita ad una sfida accesa nei quarti di finale contro la Cecoslovacchia. McEnroe, sull’onda lunga della prima vittoria a Wimbledon, ha perso contro Ivan Lendl l’unica partita in stagione, a fronte di ben 9 vittorie, ma è stato lui stesso, dopo il successo di Jimmy Connors contro Tomas Smid e del doppio, a segnare il punto decisivo contro Smid. Liquidata l’Australia in semifinale con un inequivocabile 5-0, nella finale di Cincinatti, contro l’Argentina, McEnroe si è preso la rivincita dello sconfitta subita l’anno precedente contro Guillermo Vilas e José Luis Clerc, vincendo i suoi due singolari e il doppio con l’inseparabile amico Peter Fleming, regalando agli Stati Uniti, indubbiamente la miglior squadra di tennis di al mondo che non esita a schierare i suoi migliori giocatori, la Coppa Davis. Come non si vedeva da molto tempo…
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E la Francia, vi starete chiedendo? La Francia, cari amici, è ferma alle 6 vittorie conquistate dai leggendari “Moschettieri“ (Lacoste, Cochet, Borotra e Brugnon) tra il 1927 e il 1932, a cui è seguita un’ultima finale nel 1933 persa 3-2 a Parigi con la Gran Bretagna di Fred Perry e Bunny Austin. E se proprio nel 1981 ha ritrovato il suo posto nel gruppo principale, perdendo in casa all’esordio con l’Australia a Lione, 2-3, ha dovuto poi passare per la sfida di spareggio con il Giappone per mantenersi tra le 16 grandi che si giocheranno la Coppa Davis 1982, risolta 4-1 complice il ritiro di Gilles Moretton quando era nettamente in vantaggio nel primo incontro con Tsuyoshi Fukui e con Thierry Tulasne che è stato capace di rifilare un triplice 6-0 (!!!) a Shinichi Sakamoto.
I transalpini non sembrano tuttavia essere in grado di recitare da protagonisti, seppur per l’anno che va ad iniziare possa far leva su risorse non da poco, quali la giovinezza e l’entusiasmo di alcuni giocatori estremamente promettenti quali Yannick Noah, 22enne di origine camerunense, già numero 13 del ranking mondiale, il 23enne Pascal Portes, compagno di doppio dello stesso Noah con cui a vinto a Nizza e contro il quale, nel 1978, ha giocato la prima finale di singolare della sua carriera, perdendola a Calcutta, il 19enne Tulasne, impiegato appunto contro il Giappone e campione del mondo tra gli juniores nel 1980, anno in cui fu campione a Wimbledon, e il talentuosissimo Henri Leconte, pure lui 19enne, che nello stesso 1980 si è imposto tra gli juniores al Roland-Garros ed ha chiuso l’anno alle spalle del connazionale nel ranking mondiale.
L’Argentina di Vilas e Clerc, l’Australia che ha esperienza da vendere e magari potrà far valere il fattore campo quando potrà giocare sui manti erbosi, e la stessa Cecoslovacchia di Lendl e Smid sembrano le squadre più attrezzate a contrastare il probabile bis degli Stati Uniti, ma i sudamericani proprio al primo turno, dal 5 al 7 marzo, incocciano nella Francia e davanti al pubblico amico, al Buenos Aires Lawn Tennis Club, complice l’assenza di Clerc che ha dato forfait, soccombono 3-2, con Vilas che vince i due singolari (al quinto set con Noah e 6-1 6-0 6-1 contro Tulasne) ma è troppo solo per poter pensare di farcela, visto che Ricardo Cano, schierato come secondo singolarista, nulla può contro i due francesi a cui non strappa neppure un set, e nella sfida di doppio, come al solito di capitale importanza, Moretton e Noah hanno la meglio in quattro set della coppia composta da Vilas e Alejandro Ganzabal. E la Francia, nella parte bassa del tabellone, accede ai quarti di finale, dove l’attende un altro ostacolo quasi proibitivo, la Cecoslovacchia che ha fatto un sul boccone della Germania Ovest, 5-0, nel mentre l’Italia di Panatta e Barazzutti riscatta la sconfitta dell’anno prima contro la Gran Bretagna, 3-2, trovando ora sulla sua strada la Nuova Zelanda, cliente che su terra battuta non sembra dover rappresentare un cliente impossibile.
Nel frattempo, nella parte alta del tabellone, gli Stati Uniti rispettano il pronostico, risolvendo già dopo due giorni la pratica India, con McEnroe ed Eliot Teltscher (nome pressoché impronunciabile) che non lasciano scampo a Vijay Amritraj e Ramesh Krishnan, e lo stesso McEnroe, col fido Fleming, a portare in dote il terzo punto con il netto 6-3 6-1 7-5 contro i fratelli Amritraj, appunto Vijay e Anand. La Svezia di Mats Wilander, che qualche mese dopo trionferà a sorpresa al Roland-Garros, batte senza patemi l’Urss, 4-1, l’Australia rimonta il Messico al terzo giorno grazie a Peter McNamara, 6-3 6-3 6-0 con Francisco Maciel, e Mark Edmondson, che sorprende nettamente Raul Ramirez, 6-1 6-4 6-2, e il Cile approfitta del fattore campo per far fuori la Romania, 3-1, a cui non basta il talento di Ilie Nastase, costretto ad arrendersi ad un incontenibile Pedro Rebolledo che lo batte in quattro set nella sfida domenicale.
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Ma torniamo alla Francia, che dal 9 all’11 luglio ospita la Cecoslovacchia sui campi in terra battuta del Roland-Garros. Noah è il primo a scendere in campo, ed il beniamino del pubblico parigino, a chiusura di una sfida serrata, porta in dote il primo punto, battendo in cinque set Smid. Tulasne, subito dopo, vende cara la pelle contro Lendl, dimostrandosi all’altezza della fiducia accordataglia dal capitano Jean-Paul Loth, costringendo l’avversario al quinto set dopo aver fatto suo un drammatico quarto set, 11-9. L’oscurità rimanda la conclusione al giorno successivo, e se il cecoslovacco ha infine partita vinta, decide anche di non giocare il doppio, lasciando spazio alla collaudata coppia composta da Smid e Pavel Slozil. La scelta pare giusta, ma dopo aver vinto il primo set, 6-2, i due slavi cedono al cospetto di un Noah scatenato, che associato a Leconte, schierato per la prima volta in Coppa Davis, travolge gli avversari, 6-3 6-3 6-4. La domenica Noah affronta quel Lendl, numero 2 del mondo, che conosce benissimo e con cui ha battagliato fin da giovanissimo. Il cecoslovacco si porta avanti 2 set a 1, ma sul 3-3 del quarto set il comportamento provocatorio di Ivan, che si procura due palle-break che potrebbero rivelarsi decisive, costa al campione di Ostrava un punto di penalità. Noah tiene il servizio, per poi di li a poco far suo il quarto set, gli animi si accendono sempre più, al nervosismo crescente di Lendl si sommano le reiterate proteste del capitano Jan Kodes, che per poco non viene alle mani con il collega francese. Noah è forse l’unico a conservare la calma, ed infine, 6-4 al quinto set, trascina la Francia in semifinale.
Eliminate Argentina e Cecoslovacchia, la Francia “vede” la finale, perchè l’Italia non ha trovato di meglio che farsi sorprendere, a Cervia, dalla Nuova Zelanda di Chris Lewis, futuro finalista a Wimbledon nel 1983, e Russell Simpson, che pur trovandosi a giocare su terra battuta, superficie a loro non certo congeniale, battono una delle versioni più deludenti dell’Italia di Coppa Davis di capitan Nicola Pietrangeli. E con gli oceanici, dall’1 al 3 ottobre, al Country Club Aixois di Aix-en-Provence, ovviamente sempre su terra battuta, la Francia si gioca l’enorme chance di tornare in finale di Coppa Davis, a distanza di 49 anni dall’ultima volta. Ed ancora una volta Noah veste i panni di salvatore della patria perché, dopo che la prima giornata si è chiusa sul 2-0 in virtù dei successi di Tulasne contro Simpson, 6-3 4-6 7-5 6-2, e dello stesso Yannick contro Lewis, 6-3 6-1 7-5, e la Nuova Zelanda, inaspettatamente, è rinvenuta sul 2-2 grazie al doppio e alla perfetta prestazione di Lewis contro Tulasne, 6-4 6-2 6-4, infine con un triplice 6-2 domina Simpson nel match decisivo, regalando ad un paese intero di poter sognare l'”insalatiera d’argento“.
Francia in finale, dunque, ed è già impresa da tramandare ai posteri, ma quel che accade nella parte alta del tabellone merita che se ne parli diffusamente. Abbiamo lasciato gli Stati Uniti qualificati agevolmente per i quarti, dove si trovano ad affrontare la Svezia, e ne vien fuori un confronto tanto, se non più, appassionante e drammatico di Francia-Cecoslovacchia. Si gioca a Cincinnati, la settimana dopo Wimbledon, e se McEnroe è della partita, manca invece Connors, che sul Centre Court più famoso del mondo ha inflitto una sconfitta bruciante al connazionale, per il quale non prova davvero, usando un eufemismo, simpatia. Gli scandinavi, dal canto loro, fanno affidamento, appunto, al quasi 18enne Wilander, che a giugno ha stupito il mondo vincendo al Roland-Garros proponendosi come erede di Borg, ed il biondo bimane, dopo che McEnroe ha battuto facilmente Anders Jarryd, 10-8 6-3 6-3, non tradisce le attese, venendo a capo di Teltscher, 6-0 al quinto set. La netta affermazione in doppio sembra far pendere la bilancia a favore dei padroni di casa, ma la domenica Teltscher, infortunato, è costretto a lasciare il posto a Brian Gottfried che, a dispetto dell’esperienza, paga pesante dazio e viene travolto da Jarryd, 6-2 6-2 6-4, lasciando a McEnroe e Wilander la scena per una sfida, decisiva, destinata a rimanere negli annali della Coppa Davis. Il gioco d’attacco dell’americano contro la difesa dello svedese, e quel che ne viene fuori è il match dell’anno, con McEnroe che va avanti due set, 9-7 6-2, prende un break al terzo set, 4-2, e sembra poter volare sicuro verso la vittoria finale. Wilander ha gambe, cuore e testa, aggiusta il passante di rovescio, recupera lo svantaggio, annulla una miriade di palle-break e porta a casa un memorabile terzo set, 17-15, riaprendo la sfida. McEnroe, che quanto a carattere non è secondo a nessuno, perde le staffe, apostrofando di “comunista” un giudice di linea ed esigendo l’allontanamento di un cameramen, arrabbiandosi con l’arbitro e perdendo anche il quarto set, 6-3. Si va al quinto, e qui, dopo che ad una meravigliosa voleè di John è seguito un passante d’antologia di Mats, dopo 6 ore e 32 minuti di battaglia senza esclusione di colpi, alle 21.11 ore locali, quando ormai sta calando la notte, McEnroe mette giù la palla definitiva per il break dell’8-6 che qualifica gli Stati Uniti.
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In semifinale gli americani volano in Australia, a Perth, ad affrontare McNamara e John Alexander, ma tra i due oceanici e la coppia di singolaristi stelle-e-strisce composta da John McEnroe e Gene Mayer la differenza di caratura tecnica è tale che il 5-0 a referto non lascia margine ad alcuna recriminazione. Gli Stati Uniti guadagnano la finale, e dal 26 a 28 novembre, al Palais des Sports di Grenoble, difenderanno il titolo contro la rampante Francia.
Francia e Stati Uniti, guarda che coincidenza, non si affrontano in Coppa Davis proprio dal 1932, anno in cui i transalpini, nella calura del Roland-Garros in un mese di luglio particolarmente infuocato, si imposero per 3-2, cogliendo il loro sesto ed ultimo successo finale. Ovviamente, essendo novembre, non è possibile stavolta giocare nella magnifica cornice alla Porte d’Auteuil, ed allora, visto che i campioni americani sono particolarmente adatti alle superfici veloci, quale migliore occasione di questa per optare per un campo in terra battuta al coperto? In modo da riprodurre, parzialmente è chiaro, quelle condizioni di gioco parigine che tanto piacciano ai giocatori di casa, e che magari ridurrano il gap tecnico, che è quanto meno indiscutibile. Perchè McEnroe, l’eroe americano che pare imbattibile, o quasi, in Coppa Davis, non ama di certo i terreni che limitano il suo geniale gioco d’attacco.
Fuori discussione Noah quale singolarista di punta, il capitano Jean-Paul Loth sceglie il geniale braccio mancino di Leconte come secondo singolarista, sperando, visto che il doppio sembra appannaggio degli americani, di trovare i tre punti della vittoria nei due successi di Noah, che sulla carta è il singolarista più forte di tutti su terra battuta, ed almeno uno di “Riton“, presumibilmente con Gene Mayer, contando anche sulla sua giovanile esuberanza. Anche se il “secondo” americano sta vivendo la miglior stagione della carriera, è numero 7 del mondo e proprio sulla terra del Roland-Garros ha vinto i due unici titoli del Grande Slam, in doppio, nel 1978 con Hank Pfister e l’anno dopo con il fratello Sandy.
Il sorteggio programma quale primo incontro proprio la sfida tra i due numeri 1, Noah e McEnroe. E si ha sentore che già possa rappresentare la chiave di volta della finale, perché chiunque dovesse uscirne vincitore, allegerirebbe sensibilmente la pressione gravante sulle spalle del secondo singolarista. In effetti i due campioni non vengono davvero meno a quelle che sono le loro prerogative tecniche, giocando un incessante serve-and-volley a dispetto della superficie decisamente lenta. Dopo quasi due ore di gioco, Noah cede il servizio e McEnroe incamera il primo set, 12-10, ma il francese è ben lungi dall’arrendersi, attacca la rete con continuità e nei due parziali successivi, 6-1 6-3, domina la scena. Il riposo, che giunge dopo il terzo set, invece di caricare ancor più il francese, serve a McEnroe per rigenerare il suo tennis, ed al rientro in campo il fuoriclasse mancino, aggressivo fin dalla risposta, prende velocemente il largo, lasciando al rivale solo quattro punti sul suo servizio ed incassando il set con un eclatante 6-2. L’incontro, ormai, ha preso decisamente un andamento favorevole all’americano, che nel set decisivo concede una palla-break sul 4-2, salvandola, per poi, qualche minuto dopo, chiudere con un netto 6-3 che gli vale, dopo l’ostilità delle prime ore di gioco, gli applausi ammirati del pubblico di Grenoble.
Come previsto, la vittoria di McEnroe alleggerisce Gene Mayer, così come la sconfitta di Noah impone a Leconte di non poter fallire l’appuntamento con la vittoria. Ed in un quadro psicologico così complesso, l’esperienza dell’americano contro l’esordiente (in singolare) francese fa pendere la bilancia, nettamente, a favore degli Stati Uniti, con Mayer che domina i primi due set, 6-2 6-2, Leconte che ha un effimero ritorno di fiamma nel terzo set, 9-7, per poi cedere, definitivamente, al quarto, 6-4. Il venerdì sera lo score dice Stati Uniti 2 Francia 0, e l’esito della finale sembra ormai segnato.
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Per spengere definitivamente il sogno della Francia di tornare a vincere la Coppa Davis dopo 50 anni sono sufficienti solo tre altri set, quelli che servono a Fleming e McEnroe, che già di loro sono la coppia più forte del mondo, per demolire la resistenza neppure troppo solida di Noah e Leconte: finisce 6-3 6-4 9-7 e già al sabato sera Arthur Ashe e i suoi ragazzi, meritatamente, possono ancora una volta sollevare festanti l'”insalatiera d’argento“.
Post scriptum: Noah, nelle vesti di selezionatore, dovrà attendere altri 9 anni ma in un gelido fine novembre del 1991 a Lione, ancora con Leconte in campo, finalmemente avrà la sua vendetta. Che è pur sempre “un piatto che va servito freddo…”