Con un giorno di ritardo...
Auguri, John per i tuoi 63 anni ! Ti omaggio con un saggio
John McEnroe: Il Picasso del
McEnroe, detto John ma sopratutto ‘artista della racchetta’ o ‘quando un tennista si fa direttore d’orchestra e la racchetta si fa bacchetta’.
Parlare di John McEnroe, il tennista americano, è un po’ come parlare di Picasso, il pittore metafisico! La normalità, il tratteggio e le fisionomie dei quadri di Picasso non sono nella norma, sono a dir poco originali, estremamente provocatori e paradossali ma significative dell’espressione originale e creativa dell’uomo!
Lui è mancino, anche Laver era mancino, sarà una coincidenza! Ma lui era più mancino di un mancino, con lui ho amato anche il giocatore mancino! Era tutto speciale, era un ragazzetto piuttosto alto e paffutello (allora il tennis non era muscolare), colpiva per l’atteggiamento sfrontato mai pudico o impaurito per il gran palcoscenico in cui si trovava a recitare, pardon, a giocare! Aveva uno sguardo birichino, impertinente. Insomma non aveva paura di niente e di nessuno: gli veniva in testa una cosa e la faceva, gli veniva in mente qualcosa e la esprimeva in un linguaggio colorito e inframezzato di improperi, a rafforzarne il contenuto
Ho sempre biasimato chi urla e strepita per esprimersi, e chi impreca o infiora il linguaggio di contumelie; devo dire che con lui effettivamente quella contumelia o improperio che condiva la parola urlata, la rendeva più convincente per davvero!!! Terremotava il trespolo dell’arbitro e lo insultava, non era bello questo, ma era sorprendente! Non aveva inibizioni mentali, lo si vedeva anche da come camminava, le gambe deambulavano in tutta scioltezza ed eleganza e lo portavano dove voleva andare e faceva poi quel che voleva fare! Aveva una testa come quella di un orologio di piazza, ben ornata, a cominciare dai capelli biondi e a riccioli naturali, molto presenti e ben visti! Poi una fronte occupata da una benda spessa che lo facevano un poco indiano, sotto la fronte due occhi attenti, belli che sembravano smeraldi, ti fissavano e ti facevano sentire che contavi di meno! Un naso in mezzo, per niente invasivo, assolutamente proporzionato nella geografia di quell’ovale, una bocca che pareva adatta a comandare e non a cantare! Sembrava una bocca di fuoco, come quelle postazioni con un buco per una mitragliatrice che tanti soldati hanno ucciso nelle guerre mondiali nascoste nei passi alpini!
Giocava con la racchetta di legno, ma lui non era di legno era di carne, era fatto di muscoli nascosti che si attrezzavano per la bisogna. Era agile, leggero come quei caprioli che si vedono in montagna e che quando si sentono visti fuggono veloci, agili ma eleganti!! Come un capriolo va per la montagna con naturalezza e semplicità, mai li vedi sbofonchiare, arrancare e piagati dallo sforzo parimenti. Lui mai lo vedevi fare il tergicristallo, a fondo campo, a remare o ad arare ! Mai per come giocava ho pensato ad un tennista che faceva la fatica di un contadino che governava il suo campo, mai ho pensato a lui come ad un tennista che faceva la fatica di marinaio che doveva governare un mare in tempesta!
Quando lo vedevo giocare il campo si faceva teatro e lui semmai mi faceva pensare ad un direttore d’orchestra e la sua racchetta si faceva bacchetta magica! Si, magica, perchè con quella bacchetta, lui, il direttore, pardon, il giocatore, disegnava il campo con traiettorie ardite, imprevedibili e gli occhi degli spettatori si facevan stupefatti per le soluzioni di gioco che nessun maestro al mondo potrebbe insegnare tanto sono desuete. Come rispondere alla battuta con una smorzata, con quei colpi al volo mai esagerati ma calibrati e misurati, insomma ben fatti e ben assaporati dal pubblico! Si assaporati, infatti i suoi punti erano così ben confezionati che li posso paragonare per bellezza ad un bel piatto con bei colori e buon cibo!
Quando Lui faceva il punto lo spettatore ignorava quanto fosse il punteggio perché quel punto lo rendeva comunque satollo come ci si sente dopo aver mangiato del buon cibo italiano! Insomma il suo tennis americano saziava come il buon cibo italiano! Chi l’avrebbe mai detto che per parlare di lui ho pure mischiato il tennis alla cucina! Oh, Dio mio, potenza di Master Chef di Carlo Cracco, sta a vedere che tra poco parlerò anche delle ricette di Cracco! No, questo ve lo risparmio!
Quello che meravigliava di lui era questo: John McEnroe giocava a tennis in modo molto personale, mai scolastico o banale, sempre creativo è pieno di fantasia e classe pura, vera! Lo vedevi e capivi cos’è la classe! La classe è fare la cosa giusta, che è anche la più difficile, con la massima semplicità! Quelle giocate, di classe appunto, non le impari con gesti di palline, ripetendo a mò di robot migliaia di volte quel colpo, quella giocata la fai tu perché è tua arte e la sai fare solo tu! Ad esempio la “Veronica” di Panatta, quello era un suo colpo e anche oggi si chiama “Veronica” ed è la schiacciata alta di rovescio! Ad esempio la sbracciata di Agassi, quello è un colpo suo, non è una volèe! Ancora, quel diritto di Sampras, anomalo come colpo ma assolutamente eccezionale per rendimento, ed è un suo colpo, nessun maestro glielo ha insegnato, non è un colpo da scuola tennis!
La battuta, poi rivoluzionaria! Lui si metteva di traverso rispetto al campo, poi faceva una torsione enorme e rapida e poteva mettere la palla nel mezzo del rettangolo di battuta o in diagonale stretto, non glielo leggevi! È stata una battuta rivoluzionaria, un po’ come il salto in alto quando Fosbury ha inventato il salto dorsale! McEnroe se non avesse fatto il tennista avrebbe potuto fare il musicista, aveva orecchio! Avrebbe potuto fare l’artista, il pittore! Se fosse stato bravo a scrivere come a giocare avrebbe potuto fare lo scrittore! Anche l’architetto perché lì ci vuole fantasia, sensibilità e creatività! Non ce lo vedrei assolutamente a svolgere un lavoro ripetitivo, non so in ufficio, o in lavori che sono ripetitivi e monocordi! Ha fatto il tennista, ho usato sempre il verbo al passato; si lo so, mica è morto, ancora gioca, ma non piace, almeno a me, vederlo giocare ora! Lo voglio ricordare quando giocava, e come giocava! Perché lo devo vedere ora zavorrato e imbiancato dal tempo? Allora lo preferisco come commentatore, è sempre un provocatore e mai banale!
All’inizio avevo paragonato John a Picasso per dire che se Picasso non è per tutti anche il suo tennis non è per tutti! E l’accostamento tra il tennis e la pittura non è un paradosso e neanche una forzatura, almeno secondo me! Sarò visionario? Non so, sicuramente sono laico! È stato un grande campione, per alcuni maleducato, strafottente, antipatico! Ma ha avuto un grande pregio: quando lo osservavi giocare a tennis capivi il tennis, lui giocando a tennis insegnava il tennis, un poco come quando osservavi la boxe di Benvenuti capivi la boxe, i suoi colpi, a partire dall’uppercut, dal diretto, dal jab ecc… Per questo i grandi campioni diventan leggenda, quando giocano è come se diventassero fotografi dello sport che praticano! Loro diventano quello sport, Lui era il tennis, Benvenuti era la boxe!
Grazie John, ti ho visto imbiancato, ma il tuo tennis non invecchierà mai! Sarà sempre nei nostri ricordi!
Il prof.
Giovanni Carnaroli