"Il pallettaro è un giocatore depotenziato, non ama la vetrina o il palcoscenico ma qualche volta ci si trova invischiato. E si, perché il suo gioco porta la partita a protrarsi nel tempo e così finisce per incuriosire. Cioè il pallettaro inizia una partita in un deserto di pubblico poi però la gente lo guarda più per curiosità che per bravura. Sono odiati i pallettari perché occupano per molto tempo i campi e gli organizzatori del torneo si vedono slittare le partite già programmate! Il pallettaro è una persona che ama stare con se stesso o al massimo in compagnia della pallina, è un tipo parco, veste con completi mai appariscenti, non ama usare la forza ma l’astuzia e la tattica. Tutti si ritengono più bravi dei pallettari ma quando si passa alla calcolatrice e al computo delle vittorie allora qui la matematica non è più esatta. Infatti il pallettaro vince anche con quel giocatore medio, appena più forte di lui, tennisticamente parlando! E se ciò è esaltante per il pallettaro che ci vede una forma di riscatto, è molto insopportabile per lo sconfitto. Infatti lo sconfitto da un pallettaro sragiona e continua ad essere convinto di essere più forte del pallettaro.
Il pallettaro ha questa duplice maledizione: per vincere deve faticare tanto e poi se vince mai gli si riconosce di aver vinto per merito e si dirà “…Ma faceva solo pallonetti“.
Il pallettaro quando gioca fa i pallonetti, si può’ dire che un figlio sta ad una donna come un pallonetto sta ad un pallettaro! I figli dei pallettari sono i pallonetti!!! Il pallettaro si compone di un diritto e di un rovescio, in genere ad una mano (i pallettari che giocano il rovescio bimane sono malvisti quasi considerati transgenici), basta! Il servizio è in realtà una panciuta nonché pingue rimessa in gioco, non conosce il gioco a rete o al volo. Il più grande dispetto che gli puoi fare è di chiamarlo a rete con una smorzata, li è proprio fuori contesto! Per il pallettaro la palla corta è vista come una forma di maleducazione, uno sgarbo, per loro esiste solo il fondocampo. Se a loro parli di topspin, o di back ti rispondono con una domanda: “Per queste malattie le medicine le passa la Mutua?”.
Essi hanno un colpo lieve, tenue, il pallonetto da cui il termine pallettaro. Come giocatori mi ricordano quelle vecchie locomotive che sboffonchiavano ma andavano lente. Il pallettaro sembra come una macchina schilometrata che sembra nuova ma è sfiatata perché usata. Il pallettaro non si autoflagella, non esprime un linguaggio del corpo negativo anche di fronte a errori banali, non si offende ma si incita. Lui non si lamenta per il vento, per il sole, per il campo, per le palle sgonfie, lui gioca e basta! Se gli fornissero palline di carbone o di terracotta, lui giocherebbe ugualmente perché il pallettaro è tennista senza fronzoli e senza “chiacchiere e distintivo”.
Non appariscente ma concreto, tanto sembra tenue; è morbido fuori quanto duro e tetragono dentro, dentro ha un leone anche se da fuori sembra un gatto! Il pallettaro non colpisce la palla, non la schiaffeggia, non la picchia perché per lui la palla è come una donna, va toccata e cullata, solo così, secondo lui, “va dove ti porta il cuore“. Il pallettaro corrisponderebbe in letteratura ai poeti crepuscolari, erano poeti che esprimevano un senso profondo di malinconia, di delusione. Diceva Gozzano “Non amo che le rose che non colsi” per dire che ha amato le cose a cui non ha rinunciato!
Il suo mondo è quello delle “buone cose di pessimo gusto”! Anche ai pallettari piacciono i colori stinti, la pace, la serenità, non il clamore anzi se ne servono per arrivare alla concentrazione, figlia dell’attenzione! Il pallettaro tocca la pallina che passa alta rispetto alla rete, la pallina ha una spinta tenue perché il colpo del pallettaro è tenue e delicato, lui ama il tennis e vuole che la pallina faccia la sua passeggiata dall’altra parte del campo senza il pericolo di essere presa da quell’orco che è la rete! Il pallettaro ha una fobia per la rete, non vuole che la pallina anneghi li avvolta mortalmente tra le sue spire! Si può dire che il pallettaro è il “badante” della pallina, si prende cura del suo bisogno di sopravvivenza da quell’orco.
I pallettari non sono consumisti, non è importante il completino ma importante è giocare a tennis, le scarpe consunte perché buttarle se si possono risuolare? Hanno quella mentalità del risparmio anche nella vita come nel gioco del tennis; li avete visti quando commettono un errore gratuito? Fanno una faccia dolorante come quella che hai quando esci dal dentista o dall’avvocato divorzista! Nella vita risparmiano e nel tennis non arrischiano ma “tengono”, è la tattica della rete del pescatore. La tattica per catturare gli errori degli avversari così come i pescatori stendono la rete per catturare i pesci.
Nei circoli i pallettari stanno tra loro, li riconosci subito dai loro discorsi pieni di rimpianti per sconfitte di minima misura con giocatori di altro livello ma senti anche l’orgoglio per averli impegnati quanto più hanno potuto. Ma io adoro i pallettari, sono persone buone, gentili, generose e molto forti caratterialmente parlando! Sono loro che tengono in piedi i circoli tennis, loro giocano a qualsiasi ora, potendo perché mossi da vera passione, non da esibizionismo. Amo i pallettari, loro parlano con la forma verbale dell’indicativo imperfetto, un tempo verbale del rimpianto! “Stava 3-0 per me ed ho perso! Ho avuto la palla break, ce l’avevo in pugno!”.
Sono persone stupende, io penso di conoscerne qualcuno anche in rete, sono simpatici anche se sembrano riservati invece, se messi a loro agio, sono divertentissimi, “ci stai bene in compagnia anche senza mangiare”! Fidatevi di me, io al circolo sto con i pallettari, gente semplice che sta bene così, non aspettano la cristiana “reincarnazione” per essere primi! Alcuni li definiscono “muli da campo”, a costoro rispondo che i muli sono animali bellissimi, potenti, fieri, testardi, direi determinati. Un mulo rappresenta nel mondo animale quello che la jeep rappresenta nel mondo dei motori. I muli nelle guerre mondiali hanno portato vettovaglie, cibarie e armi ai nostri alpini nei rifugi dolomitici. Dunque “muli da campo” è un complimento, viva i muli, viva i pallettari!!!"
Cit Prof. Giovanni Carnaroli