Post molto interessante.
Non c'è come la formazione quale disciplina senza verità assolute, in particolar modo se si parla di metodologia.
Nel tennis, poi, l'evoluzione è passata dalla più naturale autodidattica (uno su tutti, Bill Tilden imparò a giocare da solo e divenne uno dei primi e, per certi versi, ancora valido oggi come oggi, codificatori di gesti e dinamiche di questo sport), all'insegnamento di maestri in lezioni individuali, per poi giungere ai corsi collettivi della seconda metà del secolo scorso, alla più contemporanea videoanalisi.
Se tocchiamo, poi, il tema della tecnica esecutiva, si apre un mondo di opzioni dove, non per forza di cose, quanto sia più gettonato in un determinato periodo debba essere per forza di cose più recente, tantomeno più efficace in senso assoluto.
La presa western, tanto in voga nel tennis degli ultimi 20 anni, si usava già all'inizio del secolo scorso, come tutte le altre, peraltro.
Il rovescio a due mani fatto diventare famoso da Borg, era d'uso anche decenni prima, benchè con differenti fortune.
La continental, definita, spesso, come l'impugnatura classica, divenne l'impugnatura per definizione, in particolare, negli anni 50/60/70 per vià del loro impiego nella scuola australiana, ai tempi considerata da tutti un esempio da seguire, in quanto puntando molto sul gioco a rete o, addirittura, sul serve and voley, trovava in questa presa l'ideale per ottimizzare tale gioco; Bill Tilden, già citato prima, invece usava una eastern 30/40 anni prima.
Per dire che non c'è la formazione perfetta, tantomeno quella migliore di altra, ci può solo essere una formazione efficace ed una inefficace, ma non è la metodologia da sola a poter decretare ciò', semmai il suo abbinamento, con il contesto situazionale e l'impatto con i singoli individui, ognuno dei quali ha attitudini diverse l'uno dall'altro. C'è chi ha fortemente bisogno e d apprezza una guida forte e chiara, chi preferisce muoversi con maggiore autonomia, chi non si accontenta delle spiegazioni, ma necessità di immagini esemplificative, chi non sopporta la competizione anche durante la didattica (perchè è presente anche in tali frangenti!) e chi, invece, è maggiormente stimolato proprio dal mettersi a confronto con altri o, magari, è a soggezione di fronte all'esame continuo di un solo maestro tutto per lui, ecc. ecc.,
Quindi, diventa inutile sforzarsi di etichettare cosa sia meglio di cosa.
L'importate è attivare il meccanismo di volersi migliorare, attraverso un percorso di impegno analitico ed esercizio pratico su se stessi. Lo si può svolgere autonomamente, magari con l'aiuto di un manuale scritto, piuttosto che con l'analisi di un video (il web ha aperto incredibili orizzonti in tal senso), perchè no, con un maestro, facendosi aiutare da un amico, conoscente o, infine, con l'insieme di molte di queste soluzioni.
Quello che mi sento di affermare con convinzione è, semmai, cercare di avere, darsi un metodo, non ha importanza quale, molti di noi potrebbero non sapere neanche cosa possa significare darsi un metodo, ma è l'unica forma di ordine organizzato che possa migliore l'efficacia di ogni azione umana. Definiamo un obiettivo, decidiamo quali debbano essere le nostre fonti di informazioni per perseguirlo e programmiamo un percorso, appuntamenti costanti, definizione delle esercitazioni da fare, come e con chi, diamoci dei tempi e, se intendiamo avvalerci di risorse terze, perchè no, un budget economico. A questo punto non rimane che buttarsi a testa bassa convinti e risoluti fino alla fine del programma definito, dopo di che si tireranno le somme e applicheranno le eventuali necessarie modifiche metodologiche.