Bellissima l'analisi di Ljubo che condivido.
Nel proporre confronti tra tennis maschile e femminile si tende sempre a farlo per sottolineare la minor qualità del circuito Wta, anche ad altissimi livelli. E, giusto per andare un po' fuori tema, credo che la maggior parte di quelli che storcono la bocca di fronte all'attuale tennis professionistico femminile (e che a volte sembrano spinti quasi dall'urgenza di proporre certi confronti) lo faccia perché condizionata da un'idea di qualità che, accostata al circuito Wta, oggi non può non avere più sfaccettature. Per tanti appassionati la qualità di un match Wta di alto livello oggi è spesso "mascherata" dalla grande intensità e incertezza della partita e dall'importanza delle giocatrici in campo, ma diventa spesso scarsa qualità se il match è analizzato attraverso le statistiche. In molti nasce addirittura il dubbio: è stata una bella partita o no? Un esempio: nella semifinale degli Australian Open appena giocata, Azarenka ha chiuso la gara con 21/31 nei winners/unforced, Stephens con 14/42! Ed è stata in gara fino all'ultimo. Numeri che non lasciano scampo: è stata una partita piena di errori. Ora, Azarenka-Stephens non verà eletta match of the year ma non è neanche stata una di quelle gare da crollare dal sonno di fronte alla tv, anzi (almeno per quanto mi riguarda). Vuoi perché c'era in campo la numero 1, vuoi perché Azarenka col suo gioco devastante e monocorde sa essere ipnotizzante, vuoi perché c'era curiosità nel vedere cosa avrebbe fatto la Stephens dopo la vittoria su Serena, vuoi perché nel secondo set stava per riaprire il match (e probabilmente lo avrebbe fatto se Azarenka non si fosse inventata il MTO), vuoi perché era pur sempre una semifinale Slam, quel 14/42 è passato quasi inosservato.
In sostanza credo vada reinterpretato il concetto di bellezza nel tennis femminile. E' bello ma sa esserlo modo diverso rispetto ad un tempo, una bellezza che spesso non si manifesta nel gioco mostrato sul campo ma nell'intensità dei momenti, nell'incertezza della gara e soprattutto nella modernità robotica del gioco espresso. Capisco però che è un modo di vedere il nostro sport in versione femminile che non a tutti può andare a genio. Guardare la Schiavone mostrare il suo tennis fatto di back, smorzate, attacchi in controtempo e brillanti intuizioni tattiche, in un secondo turno di un International, è per molti più bello e coinvolgente di una finale Slam tra Azarenka e Sharapova a suon di legnate da fondocampo, ricerca del winner anche dalla tribuna e grugniti da death metal. Sono due tipi di bellezza diversi (grunting escluso), secondo me, con il secondo chiaramente dominante.
E' come se il tennis femminile di oggi fosse una signora difficile da conquistare, quasi incomprensibile.