Passionetennis - Il portale del tennista
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Ciao a tutti,

nei post in giro qua e là sul Forum ho avuto modo di accennare alla questione che vengo qui ad esporre in modo più ampio.

Ho 40 anni ed ho cominciato a giocare a tennis a 13, dai 21 ai 39 ho smesso per riprendere lo scorso Giugno.

Ebbene, durante la faticosa risalita della china tecnico/tattica/agonistica un pensiero sempre più forte si faceva strada nella mia testa: siamo portati naturalmente a muovere il corpo in una certa maniera e se la tecnica tennistica "allo stato dell'arte" va in contrasto con quella che è la nostra naturale propensione al movimento beh, cari lettori, a mio parere è un bel disastro.

A meno che non si lavori sul cucire la tecnica tennistica, un pò meno allo "stato dell'arte", su quello che è il nostro modo naturale di muoverci dal quale, specie alla mia veneranda età, ormai non ci si schioda proprio più.

Alcuni esempi possono chiarire i termini del discorso di fondo, parlo naturalmente della mia esperienza personale.

*sul servizio non c'è verso per me di trovare il timing giusto per l'impatto arrivando alla trophy stance col movimento classico circolare/ellissoidale di salita del braccio destro. Devo "tagliare" per una via retta usando un movimento breve stile smash, solo così trovo timing e fluidità nelle parti successive del movimento;

*sempre sul servizio tendo naturalmente ad "uscire" troppo presto con la spalla dx ovvero dal lato del colpo prima dell'impatto, a detrimento tra le altre cose del direzionamento del colpo. Invece di combattere la tendenza consolidata del mio corpo a fare quel movimento ho "parzializzato" servendo sempre e comunque coi piedi paralleli alla linea di fondo sia da dx che da sx;

*ancora sul servizio: non c'è verso che io riesca ad offrire sufficiente piatto corde all'impatto con l'impugnatura Continental sulla prima di servizio cercando l'ace piatto. Sono sicuro si tratti di un movimento non bene identificato del polso durante l'effettuazione del servizio che finisce per sortire l'effetto di cui sopra. Ho risolto impugnando Eastern di dritto sulla prima di servizio trovando ottima potenza ed aces a patto di focalizzare bene la pronazione del polso al momento dell'impatto. Uso la Continental sulla seconda perchè lì sì che mi serve lo spin;

*sul dritto salvo rarissimi casi tendo a "trascinarmi in avanti" la gamba dx durante il movimento. Quando ho capito che tenerla ferma mi costava molto salato in termini di performance del colpo (che era davvero povera) ho realizzato che quel che mi serviva era un sistema per trovare il controllo necessario del colpo, anche e soprattutto quando picchio, che esulasse da tale problema. L'ho trovato uncinando ossessivamente il finale costringendomi a colpire sempre, comunque, no matter what il retro del lato sx del mio trapezio con la testa della racchetta ad ogni dritto che faccio sia esso il primo colpo del riscaldamento magari fatto da metà campo che un passante sul matchpoint. Questo movimento è diventato uno dei capisaldi del mio dritto e quindi del mio gioco;

*sempre sul dritto ho passato mesi a cercare un'apertura "standard" da ripetere fino allo sfinimento senza riuscire a trovarla. O meglio, ne adottavo una e di tanto in tanto perdevo timing e dritto al che ne adottavo un'altra finchè non succedeva la stessa cosa e così via. Al che una sera mi sono detto "ma se invece di adottare un'apertura "preconfezionata", ovvero tecnicamente perfetta ma dalla rigida osservanza, adottassi l'apertura che "sento più naturalmente di fare"? Beh, è stato il classico uovo di Colombo: ora sul dritto "apro" senza pensare alla posa da adottare, apro e basta generalmente in modo generoso con (ma lo "sento", non mi impongo di farlo) il polso "aperto" e la testa della racchetta alta. Beh, questa trovata assieme alla cosiddetta "uncinatura" della quale parlavo sopra non solo ha sistemato il mio dritto facendone la pietra angolare del mio gioco assieme al servizio ma mi ha fatto e mi fa risparmiare parecchie energie, fisiche e mentali, rispetto a quelle che spendevo prima nell'esecuzione di un dritto molto ma molto meno performante;

*sul rovescio altra esperienza interessante. Ad una mano nella mia prima vita tennistica, ma estremamente falloso. Bimane nella seconda vita tennistica, meno falloso ma decisamente non istintivo. Il mio istinto sul rovescio è giocarlo ad una mano in back, ci posso girare attorno quanto voglio ma la realtà è quella. Al che il problema principale diventa la solidità su quel colpo quando arrivano colpi carichi di peso e di spin da quella parte (se c'è spin e basta nel senso poca velocità di palla ho tutto il tempo di "pensare" per quelle frazioni di secondo necessarie per giocarlo bimane in quanto "avere il tempo di pensare" in genere significa "esulare dall'istinto" ovvero dal giocarlo in back). A mio parere c'è un solo modo per riuscirvi e benedetto Zen&Tennis in tal senso: guardare sempre, solo, esclusivamente ed ossessivamente la palla. Io ad esempio mi sono accorto che la guardavo prevalentemente quando era dalla mia parte di campo "perdendomi" un pò quando era dall'altra parte. Da quando la guardo sempre, quasi in modo ipnotico, è successa una cosa davvero strana ma benvenuta: ho trovato il tempo per oppormi degnamente ai colpi carichi di velocità e spin contrapponendo loro il back di rovescio che da colpo di difesa, a volte disperata, è così diventato un tatticamente importante colpo di palleggio in quelle circostanze permettendomi l'importante recupero del centro del campo e quindi la "parità" dell'equilibrio dello scambio. In sintesi il senso della mia esperienza è che se si guarda sempre per davvero la palla si può essere solidi in palleggio col rovescio in back anche se pressati da palle profonde, veloci ed arrotate. L'espediente di Zen&Tennis, peraltro ovviamente fondamentale anche su dritto e servizio, mi è servito a sdoganare quello che è il colpo a me più naturale/congeniale sul rovescio ovvero il back;

Ovviamente son considerazioni da giocatore di quarta categoria, per giunta quarantenne. Ma mi sembrava interessante condividerle con tutti in quanto a mio parere dal lato "allenatori" c'è quasi sempre lo "stato dell'arte" della tecnica (e ci mancherebbe altro) ma praticamente mai lo studio di come adattarla sui movimenti naturali di chi pratica tennis come loro allievo.

Ed Osho insegna che per scendere dal letto non pensiamo affatto, scendiamo e basta

Wink

Ciao a tutti!

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43 visualizzazioni e nessuna risposta: o questo è un forum di "timidoni" o chi ha cliccato sulla discussione si aspettava di trovare il pdf di un libro dal titolo "il Tennis Naturale" e non il vademecum di un 4/NC di 40 anni con ormai un gran futuro dietro alle spalle!

il Tennis "naturale" 97171

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Alla luce delle 75 visite comincio ad avere il sospetto che qualcuno mi legga al che proseguo col mio soliloquio

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parlando ancora del dritto: confesso che ho passato mesi interi dalla ripresa dei lavori lo scorso giugno a cercare di capire da dove "arrivassero" potenza, controllo, direzionalità

nel senso, va da se che se sei in grado di fare alla perfezione il movimento che il tuo allenatore ti esorta a fare, lo interiorizzi e lo fai tuo grossi problemi in tal senso non li hai

va altrettanto da se però che se non senti "naturale" il movimento che ti viene detto di fare finchè non trovi la tua "approssimazione" (ovvero il compromesso ideale tra la tecnica allo stato dell'arte e come si muove naturalmente il tuo corpo) che ti faccia sentire "tuo" il movimento che vai a fare (repetita iuvant: quando scendi dal letto la mattina non pensi a come fare, scendi dal letto e basta........) la padronanza vera e propria del colpo (parolone per un quarta categoria ma ero a corto di vocabolario il Tennis "naturale" 97171 ) non ce l'hai

poco sopra ho parlato di come ho "trovato" il mio dritto aprendo come mi veniva naturale fare (ossia non seguendo un qualsivoglia movimento obbligato) e "uncinando" il colpo grazie al finale con la testa della racchetta che va sempre (sempre!!!!!!!!) a toccare la parte posteriore sx del mio trapezio. La sinergia delle due cose mi ha regalato profondità e controllo, ma peccavo ancora di direzionalità e peso di palla.

Al che mi son chiesto cosa potevo fare "naturalmente" per ovviare a tutto ciò e, non so come, ho provato a "sentire" il mio movimento dall'apertura allo swing al finale ed ho notato che c'era una certa rigidità di polso nell'esecuzione che in qualche modo poco c'entrava col resto del movimento "naturale", al che ho provato a pensare "ma se facessi tutto rilassando il polso sottraendogli ovvero quella rigidità che poco c'azzeccava col resto del movimento"?

Beh, liberi di non crederci ma penso di aver cominciato a frustare col polso nell'esecuzione di dritto, a tutto vantaggio del peso di palla e della direzionalità.

Uno dei miei limiti tecnici era la difficoltà di esecuzione del dritto lungolinea come risposta ad una palla profonda/pesante/incrociata ma grazie al nuovo impatto ormai è storia, e ne sono davvero felice!

So di essere su un forum prevalentemente di gente giovane, e che quindi quello che dico può sembrare astruso. Ma vi assicuro che non lo è affatto, possiamo girarla e voltarla quanto ci pare e piace ma (grazie al Cielo aggiungo io) dal nostro corpo e da come lo muoviamo non possiamo prescindere.

E, mi permetto di insistere, più facciamo movimenti che sentiamo assolutamente naturali (quindi nelle nostre "corde") più giocheremo un tennis efficace e con meno fatica!

Wink

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...mi sono perso dopo un quarto della prima parteil Tennis "naturale" 97171

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io mi devo ancora prendere le ferie Very Happy

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Non ho capito se era una battuta quella del "mi rendo conto che questo e' un forum di gente giovane".... Twisted Evil
Parafrasando un celeberrimo detto del "cugino" golf: "Better tennising without tennis". Ovvero, quando l'attività non e' semplicemente fisica ma fortemente condizionata da componenti mentali...il nostro cervello, per far lavorare meglio la meccanica, abbisogna di pause di riflessione.
Sono profondamente convinto che per giocare meglio sia necessario visualizzare movimenti e piccoli particolari; allo stesso modo, per concretizzarli, e' altrettanto necessario "sentire", avere "sensazioni" su cui costruire il nostro tennis.
Ognuno di noi ha i propri percorsi... Mi piace che "sappia di buono" anche per altri.
Per me, il tennis e' un vortice di sensazioni: il rumore delle corde, il rimbalzo della palla, l'odore dello spray sulle corde o lo sbuffo di aromi quando apri il tubo sottovuoto... Tutto questo e tanto, tanto altro sono il mio tennis "naturale"...

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....con questa percezione millesimale dei particolari il tuo livello non può essere "infimo "....(ho letto solo l'ultima parte )....

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asterix ha scritto:
...mi sono perso dopo un quarto della prima parteil Tennis "naturale" 97171


abracadabra78 ha scritto:
io mi devo ancora prendere le ferie Very Happy


in scribendo saepe longius sum Very Happy

asterix ha scritto:
....con questa percezione millesimale dei particolari il tuo livello non può essere "infimo "....(ho letto solo l'ultima parte )....


una delle menti piu' eccelse della storia dell'umanita' disse:"io so di non sapere"
fuor di metafora i circoli traboccano di tennisti che se avessero un talento pari alla loro boria sarebbero classificati ATP
a me interessa il tennis come percorso personale di crescita, come modo per conoscere me stesso
scendo in campo non per vincere ne' per perdere ma solo per fare gli esercizi di centratura suggeriti da Agam in Zen e Tennis
son davvero poca cosa come tennista ma finche' ero ossessionato dai risultati non tiravo fuori nemmeno quel poco che valevo, al che al diavolo tutto, mi sono reimpostato sull'andare in campo per "trovare il mio centro"
beh liberi di non crederci ma tutto quello che ho scritto in questo thread e' venuto alla superficie da solo facendo gli esercizi di centratura in campo durante i miei match
parlo delle intuizioni sul sentire il mio corpo che hano migliorato il mio tennis come delle intuizioni tecniche alle quali mi sono naturalmente "schiuso" rinunciando all'ottusa dicotomia del vincere/perdere
ieri in pausa pranzo ero in campo con un 4.3 FIT
sul 6/5 per lui servizio suo 40/0 mentre stava per servire (serve un kick profondo ad uscire, da fastidio specie sulla prima) sul primo dei tre setpoints mi si e' spalancato un sorriso cosi' in faccia
il perche' era semplice: avevo realizzato che avevo giocato bene e non avevo assolutamente nulla da rimproverarmi.
Ho annullato i 3 setpoints, fatto il controbreak con altri 2 punti di fila per un totale di 5, ci han cacciato dal campo quelli della SAT mentre eravamo 4/3 per lui al tiebreak (giocato sul 7/7........) e dovevo servire due volte io
alla veneranda eta' di 40 anni ho capito perche' gioco a tennis e finalmente sono un tennista scarso ma felice Smile
p.s.
ringrazio kingkongy del suo intervento che ovviamente condivido

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Io ti leggo con piacere. Quarantenne, e tennista in gioventu', ho provato anch'io ogni tanto a far mie le indicazioni di "The Inner Game of Tennis" (Non ho ancora letto Zen e Tennis di Agam, ma presto colmero' la lacuna) che, in alcuni tratti, mi sembrano in linea con quanto scrivi, la tesi principale essendo che il tuo corpo, io incosciente, sa perfettamente come fare a mandare la pallina la' dove vorresti, se solo non ti intromettessi tu, io cosciente, a rompergli le scatole con istruzioni non richieste mentre cerca di farlo: l'idea, fra le altre, di cercare di leggere la marca della pallina mentre viaggia verso di te per a) tenere gli occhi sulla palla e contemporaneamente b) distrarti dal dare istruzioni al tuo corpo su come eseguire il colpo è deliziosa. Personalmente trovo di aver bisogno di mantenere comunque un discreto livello di tensione/grinta/cattiveria per rendere al meglio in partita, un atteggiamento prevalentemente contemplativo, nel rispetto della tesi di osservare l'esito dei propri colpi senza giudicarli evitando cosi' di giudicare se' stessi, mi rende placido ma perdo un po' troppi scambi.

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uh !!! bella sta cosa ! praticamente hai qualità tennistiche che non sai nemmeno di avere quando ti senti in competizione....infatti quando si fà competizione bisognerebbe non sentirsi mai in tale situazione per ottenere il massimo del prorio risultato... personalmente ceco di tenerlo come un "gioco" del tennis anche se è più facile a dire che a fare.... inevitabilmente ci si mette a confronto e la testa scivola sulla competizione.... ma penso comunque che sia solo una questione di abitudine .....qualcuno disse : a volte si confonde la pratica con il talento.... a livelli amatoriali credo che sia questione di pratica... a livelli professionisti la pratica è abbastanza equa quindi spiccano i talenti...

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arena ha scritto:
Io ti leggo con piacere. Quarantenne, e tennista in gioventu', ho provato anch'io ogni tanto a far mie le indicazioni di "The Inner Game of Tennis" (Non ho ancora letto Zen e Tennis di Agam, ma presto colmero' la lacuna) che, in alcuni tratti, mi sembrano in linea con quanto scrivi, la tesi principale essendo che il tuo corpo, io incosciente, sa perfettamente come fare a mandare la pallina la' dove vorresti, se solo non ti intromettessi tu, io cosciente, a rompergli le scatole con istruzioni non richieste mentre cerca di farlo: l'idea, fra le altre, di cercare di leggere la marca della pallina mentre viaggia verso di te per a) tenere gli occhi sulla palla e contemporaneamente b) distrarti dal dare istruzioni al tuo corpo su come eseguire il colpo è deliziosa. Personalmente trovo di aver bisogno di mantenere comunque un discreto livello di tensione/grinta/cattiveria per rendere al meglio in partita, un atteggiamento prevalentemente contemplativo, nel rispetto della tesi di osservare l'esito dei propri colpi senza giudicarli evitando cosi' di giudicare se' stessi, mi rende placido ma perdo un po' troppi scambi.


Avevo letto 3 volte Zen e Tennis di Agam ma finche' non mi sono smusato con(tro) il fatto che se continuavo come continuavo, ovvero ossessionato dai risultati, questo sport potevo solo odiarlo non mi sono mosso a piu' miti consigli, ovvero quelli di Agam che avevo letto ma non avevo fatto miei. Mi piace pensare che se resto "aperto" alle mie sensazioni fisico/tennistiche ci sia qualche altro bel regalo in arrivo, inteso come intuizione. Quanto al guardare la palla, che considero la pietra angolare del trovare il proprio centro su un campo da tennis, penso non la si guardi mai abbastanza. Il mio obiettivo e' farmici ipnotizzare non mollandola mai con lo sguardo, quando ci riesco e' pazzesco ma non so come il resto venga da se. Se mi imballo con la prima di servizio e' perche' la guardo un po' piu' distrattamente al che mi concentro sul guardarla piu' attentamente e ritrovo la prima di servizio. Ho letto con interesse quel che dici sul "senso di competitivita' in partita", personalmente cerco di concentrarmi sul giocare il piu' naturalmente possibile ogni punto facendo sempre gli esercizi di centratura, il resto vien da se. E quando si perde pazienza, senza un'amara sconfitta non avrei fatto la mia piccola "rivoluzione umana" che mi ha portato finalmente ad amare questo sport. Per quanto mi riguarda le sconfitte mi sono piu' utili delle vittorie, non fosse per altro che quando si perde l'amarezza a volte e' tale che per mitigarla serve trovare degli spunti positivi nonostante tutto. E di solito sono spunti che valgono oro!

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asterix ha scritto:
uh !!! bella sta cosa ! praticamente hai qualità tennistiche che non sai nemmeno di avere quando ti senti in competizione....infatti quando si fà competizione bisognerebbe non sentirsi mai in tale situazione per ottenere il massimo del prorio risultato... personalmente ceco di tenerlo come un "gioco" del tennis anche se è più facile a dire che a fare.... inevitabilmente ci si mette a confronto e la testa scivola sulla competizione.... ma penso comunque che sia solo una questione di abitudine .....qualcuno disse : a volte si confonde la pratica con il talento.... a livelli amatoriali credo che sia questione di pratica... a livelli professionisti la pratica è abbastanza equa quindi spiccano i talenti...


non "hai", Asterix, "abbiamo"
tutti noi nessuno escluso. La competizione e' solitamente cosi' radicata in noi che concentrarci su tutt'altro comunque non ci fa mai esulare da essa.
Nel senso non e' evitando di concentrarci su di essa che non ci importera' di sbagliare un colpo e perdere un punto.
Ci importera' ma in modo piu' costruttivo ed in genere lo si dimostra gia' al punto successivo se si continua a lavorare sul proprio "centro".

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Andras, provo io a darti una risposta su quello che è l'argomento iniziale del tuo discorso (sulle connotazioni filosofiche mi sono perso...).

Se ho capito bene, tu affermi che dopo aver a lungo cercato di imparare la tecnica del tennis, hai realizzato che era meglio assecondare il tuo istinto e quindi fare cose che un maestro non approverebbe.

Devo dirti che tanti anni fa avevo un manuale di Borg in cui si ripeteva ossessivamente "se qualcosa per voi va bene, fatelo, anche se la tecnica tradizionale non è d'accordo". Borg citava la sua esperienza; ai tempi infatti la sua tecnica era considerata completamente sbagliata (pensa al rovescio bimane in top, alla open stance sul diritto, alla chiusura a tergicristallo").

In realtà io non sono d'accordo con questo modo di pensare; il caso di Borg, che inventa una sua tecnica che poi diventa universale, è più unico che raro. Se tutti giocano con una determinata tecnica, c'è un perchè.

A mio parere questo perchè è il seguente: quel determinato accorgimento che oggi ti sembra aver risolto i tuoi problemi tennistici è oggi un tuo amico, ma domani diventerà un tuo nemico.

Ciò per due motivi: innanzitutto oltre un certo livello non riuscirai ad andare, perchè quell'accorgimento in qualche modo ti limiterà (ecco un esempio: quando ho iniziato a giocare, ho cercato da subito di giocare il servizo con un movimento corretto, mentre gli altri ragazzi battevano in modo "naturale", fregandosene della tecnica. Perciò io commettevo caterve di doppi falli e loro servivano ace. 30 anni dopo però il loro servizio è rimasto lo stesso, io invece posso battere piatto, slice, kick...).; l'altro problema è che una tecnica ortodossa ti protegge da infortuni muscolari e tendinei!



Condivido invece il discorso di giocare in scioltezza: la tensione muscolare è una grande nemica nel tennis.

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innanzitutto un grazie sincero per l'intervento. I pareri contrari son come le sconfitte: di solito son piu' utili di vittorie e pareri concordanti
Wink
hai citato una Divinita' del tennis il cui concetto che riporti bene o male (arrossendo un po' ora che ho imparato lo sosteneva anche "Lui") mi ero permesso di perorare nei miei post precedenti.
Penso che sia probabile il fatto che incontrero' un plateau nella mia crescita tecnica che rischi di impedirmi di crescere ancora.
Il paradosso pero' e' che se non avessi esulato dal rigore tecnico inteso in senso integralista (vivaddio mica colpisco di dritto impugnando eastern di rovescio! Very Happy ) non avrei infranto il plateau in cui mi ero impantanato.
Sono un quarta categoria, non devo andare da nessuna parte agonisticamente parlando. Nel mio piccolo ho solo constatato che gli accorgimenti descritti prima mi han dato un "centro" ed una "consapevolezza" che da soli valgono il prezzo del biglietto ossia lo scendere in campo e dar l'anima su ogni punto.
Mi sembra di intuire che sei parecchio in gamba quanto a tennis. Investi un po' del tuo tempo sugli "aspetti filosofici". Parola mia ti schiuderanno porte che con gli approcci tradizionali (occidentali........) ti sembrano murate col cemento armato
Wink


g867500 ha scritto:
Andras, provo io a darti una risposta su quello che è l'argomento iniziale del tuo discorso (sulle connotazioni filosofiche mi sono perso...).

Se ho capito bene, tu affermi che dopo aver a lungo cercato di imparare la tecnica del tennis, hai realizzato che era meglio assecondare il tuo istinto e quindi fare cose che un maestro non approverebbe.

Devo dirti che tanti anni fa avevo un manuale di Borg in cui si ripeteva ossessivamente "se qualcosa per voi va bene, fatelo, anche se la tecnica tradizionale non è d'accordo". Borg citava la sua esperienza; ai tempi infatti la sua tecnica era considerata completamente sbagliata (pensa al rovescio bimane in top, alla open stance sul diritto, alla chiusura a tergicristallo").

In realtà io non sono d'accordo con questo modo di pensare; il caso di Borg, che inventa una sua tecnica che poi diventa universale, è più unico che raro. Se tutti giocano con una determinata tecnica, c'è un perchè.

A mio parere questo perchè è il seguente: quel determinato accorgimento che oggi ti sembra aver risolto i tuoi problemi tennistici è oggi un tuo amico, ma domani diventerà un tuo nemico.

Ciò per due motivi: innanzitutto oltre un certo livello non riuscirai ad andare, perchè quell'accorgimento in qualche modo ti limiterà (ecco un esempio: quando ho iniziato a giocare, ho cercato da subito di giocare il servizo con un movimento corretto, mentre gli altri ragazzi battevano in modo "naturale", fregandosene della tecnica. Perciò io commettevo caterve di doppi falli e loro servivano ace. 30 anni dopo però il loro servizio è rimasto lo stesso, io invece posso battere piatto, slice, kick...).; l'altro problema è che una tecnica ortodossa ti protegge da infortuni muscolari e tendinei!



Condivido invece il discorso di giocare in scioltezza: la tensione muscolare è una grande nemica nel tennis.

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king sei poeticoil Tennis "naturale" 953229

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Quando si vive con passione uno sport, è facile ritrovare nelle parole di un altro un piccolo o grande "pezzo" del nostro puzzle.

g86 (abbrevio un po', senza offesa....) parla - molto, molto saggiamente - di una sorta di camera di specchi in cui la nostra immagine tennistica rischia di riflettersi all'infinito accarezzando l'ego. Gli psicologi hanno una definizione molto divertente di questo scivolone di noi stessi: "Sindrome da cabina telefonica". Ovvero, tutti noi sognamo di entrarvi Clark Kent e di uscirvi Superman.

Eppure mi piace così tanto perdermi nello Zen !
Lo dico con un sorriso sereno dopo una gioventù tennistica fatta di esasperazione tecnica e di ricerca ossessiva del bello stile, del gesto tecnico "ieratico". Coppe e medaglie da buttare al primo trasloco....

Per sopravvivere a noi stessi e ai nostri sogni (o aspettative) c'è bisogno di un elemento di rottura: c'è chi inciampa nella sfortuna, chi vede esplodere il proprio talento, chi incontra un maestro.

C'è bisogno di una guida, soprattutto nel tennis.
Qualcuno che ti dica che ti sei guardato male allo specchio o che ti fa scalare montagne. Serve un maestro perché troppo spesso siamo troppo accondiscendenti in troppe cose.

Mi piace lo Zen! Mi piace la filosofia nel tennis...perché quando la porti "al limite"...ti rimanda al mittente: alla tecnica. Gli estremi si toccano.

Possiam parlare per ore di dinamica e di fisica, di sensazioni e di percezioni.... Alla fine avremmo parlato di un'attività misteriosa, mistica e scientifica chiamata tennis.
Vincerà chi riderà per primo.
Chi non si prenderà troppo sul serio.

Mi piace questo forum! Sembriamo dei generali in pensione che giocano a scacchi con il plaid scozzese sulle ginocchia. Per fortuna riusciamo ancora a ridere con i lacrimoni agli occhi raccontando barzellette su di noi.
Ma con rispetto degli altri.

Non lo so, sinceramente, cosa ne penso del komeinismo e dell'ortodossia del tennis: credo di essere uno dei più alti suoi esponenti, pronto a rinnegare tutto alla prima emozione: mi basta il sibilo di una racchetta e il fffffffffupppp della palla.

Tornei? Gare? Agonismo? No, grazie ho già dato e ci ho già immolato spirito e corpo. Ho pure svenduto l'anima ma mi è stata restituita perché fuori garanzia.

Tennis naturale? Naturalmente....tennis! Ma che cavolo di sport!

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Eppure ci sono aspetti del tennis che mi risultano misteriosi, per non dire incomprensibili. Perché bisogna guardare la palla, non basta "sentire" che arriva, intercettandola come farebbe un cyborg, uno Jedi o uno yogi, visualizzando mentalmente coordinate, velocità, numero di giri ecc. ? Il trovarmi "di fronte" l'avversario, che è quasi sempre il mio doppio, il mio "rivale" perché messo sull'altra riva, implica comunque il combattimento? Perché utilizzare le risorse mentali spesso è più importate della tecnica disponibile? E ancora, perché molti preferiscono l'inestetico rovescio a due braccia e non l'elegante movimento monomane? Perché passare mesi a imparare il movimento perfetto per questo o quel colpo?
Nel corso dei miei 52 anni mi sono cimentato in molte cose, come tutti fanno nel corso della loro vita, ed ho trovato una regola fondamentale: lo stile è possibile superarlo solo acquisendolo. Questo vale per la poesia come per la tecnica del pianoforte, per il ping-pong come per il nuoto, per il kung-fu come per il salto in alto. E non è neanche detto che i movimenti selezionati alla fine siano quelli ortodossi. Basti pensare alla posizione (orribile!!!) delle dita e dei gomiti nella tecnica pianistica accecante di Horowitz, o alla battuta di piedi (assolutamente non ortodossa!!) in acqua di Jimi Montgomery, primo uomo a scendere sotto i 50" nel 100m stile libero.
Insomma, ognuno di noi è diverso dall'altro e necessariamente esprimerà uno stile particolare in tutto quello che fa, l'importante è farlo bene e lo si può fare bene solo se si acquisiscono benissimo (bene non basta) le tecniche e le si adattano a ciò che noi siamo o sentiamo di essere.
Mi piace la visione di King di un generale col plaid sulle ginocchia ma con una visione zen chiara, eppure penso che invece qui a volte c'è addirittura quasi l'idea di ciò che siamo. Senza età, soprattutto.

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Da incorniciare. O da usare come prefazione per Zen e Tennis al posto della mezza paginetta un po' dozzinale scritta da Pietrangeli.

GRAZiE

cheers




kingkongy ha scritto:
Quando si vive con passione uno sport, è facile ritrovare nelle parole di un altro un piccolo o grande "pezzo" del nostro puzzle.

g86 (abbrevio un po', senza offesa....) parla - molto, molto saggiamente - di una sorta di camera di specchi in cui la nostra immagine tennistica rischia di riflettersi all'infinito accarezzando l'ego. Gli psicologi hanno una definizione molto divertente di questo scivolone di noi stessi: "Sindrome da cabina telefonica". Ovvero, tutti noi sognamo di entrarvi Clark Kent e di uscirvi Superman.

Eppure mi piace così tanto perdermi nello Zen !
Lo dico con un sorriso sereno dopo una gioventù tennistica fatta di esasperazione tecnica e di ricerca ossessiva del bello stile, del gesto tecnico "ieratico". Coppe e medaglie da buttare al primo trasloco....

Per sopravvivere a noi stessi e ai nostri sogni (o aspettative) c'è bisogno di un elemento di rottura: c'è chi inciampa nella sfortuna, chi vede esplodere il proprio talento, chi incontra un maestro.

C'è bisogno di una guida, soprattutto nel tennis.
Qualcuno che ti dica che ti sei guardato male allo specchio o che ti fa scalare montagne. Serve un maestro perché troppo spesso siamo troppo accondiscendenti in troppe cose.

Mi piace lo Zen! Mi piace la filosofia nel tennis...perché quando la porti "al limite"...ti rimanda al mittente: alla tecnica. Gli estremi si toccano.

Possiam parlare per ore di dinamica e di fisica, di sensazioni e di percezioni.... Alla fine avremmo parlato di un'attività misteriosa, mistica e scientifica chiamata tennis.
Vincerà chi riderà per primo.
Chi non si prenderà troppo sul serio.

Mi piace questo forum! Sembriamo dei generali in pensione che giocano a scacchi con il plaid scozzese sulle ginocchia. Per fortuna riusciamo ancora a ridere con i lacrimoni agli occhi raccontando barzellette su di noi.
Ma con rispetto degli altri.

Non lo so, sinceramente, cosa ne penso del komeinismo e dell'ortodossia del tennis: credo di essere uno dei più alti suoi esponenti, pronto a rinnegare tutto alla prima emozione: mi basta il sibilo di una racchetta e il fffffffffupppp della palla.

Tornei? Gare? Agonismo? No, grazie ho già dato e ci ho già immolato spirito e corpo. Ho pure svenduto l'anima ma mi è stata restituita perché fuori garanzia.

Tennis naturale? Naturalmente....tennis! Ma che cavolo di sport!

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Zagreus60 ha scritto:
Eppure ci sono aspetti del tennis che mi risultano misteriosi, per non dire incomprensibili. Perché bisogna guardare la palla, non basta "sentire" che arriva, intercettandola come farebbe un cyborg, uno Jedi o uno yogi, visualizzando mentalmente coordinate, velocità, numero di giri ecc. ?

(.........)

Mi piace la visione di King di un generale col plaid sulle ginocchia ma con una visione zen chiara, eppure penso che invece qui a volte c'è addirittura quasi l'idea di ciò che siamo. Senza età, soprattutto.


Si deve guardare "ossessivamente" la palla per annullare la nostra mente, ovvero l'ostacolo piu' grosso frapposto tra noi e la realizzazione del nostro potenziale tennistico. "La scialba ragione ci separa da cio' che e' infinito" - Jim Morrison
La "visione" di King e' meravigliosa IMHO

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292 visite, sono lusingato

il Tennis "naturale" 953229

per dirla alla Osho se la mente e l'ego sono degli ostacoli tra noi ed il nostro miglior tennis il sistema per superarli è concentrarci sugli strumenti atti a farci focalizzare sul nostro "centro" anzichè "perderci" altrove

si insomma fuor di metafora se pensate (solo) al punteggio potete salutare il vostro miglior tennis con la manina, garantito!


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considera che quando colpisci hai il busto in rotazione, e devi avere qualche blocco o punto di riferimento che non ti faccia ruotare il busto "a caso" o troppo o troppo poco (non è che mentre giochi e tatticamente stai pensando a cosa fare puoi metterti anche a pensare alla rotazione del busto o all'angolo del polso, devono essere cose che vanno a posto automaticamente), infatti gurda i pro al momento dell'impatto: la linea delle spalle è sempre magicamente e perfettamente allineata con la direzione dove andrà a finire la palla.

questo per arrivare a dire che guardare la palla e sopratutto continuare a guardare il punto di impatto anche dopo che la palla ha lasciato il piatto corde, ti da un punto di riferimento per la rotrazione del busto, serve per evitare che la testa con il suo peso mandi fuori fase la rotazione del busto.

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...Golfistico... Uguale.... E considera che lo swing, nel golf, e' estremamente "vincolato" e " inscatolato".

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fabjo86 ha scritto:
considera che quando colpisci hai il busto in rotazione, e devi avere qualche blocco o punto di riferimento che non ti faccia ruotare il busto "a caso" o troppo o troppo poco (non è che mentre giochi e tatticamente stai pensando a cosa fare puoi metterti anche a pensare alla rotazione del busto o all'angolo del polso, devono essere cose che vanno a posto automaticamente), infatti gurda i pro al momento dell'impatto: la linea delle spalle è sempre magicamente e perfettamente allineata con la direzione dove andrà a finire la palla.

questo per arrivare a dire che guardare la palla e sopratutto continuare a guardare il punto di impatto anche dopo che la palla ha lasciato il piatto corde, ti da un punto di riferimento per la rotrazione del busto, serve per evitare che la testa con il suo peso mandi fuori fase la rotazione del busto.


eccellente spiegazione, grazie!

Wink

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390 visualizzazioni, sono onorato!

A dirla tutta mi aspettavo un intervento di Alba77 ma ho idea sia troppo presa dalla scalata ai vertici della quarta categoria!

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