L’atra sera, giocavo la mia partitella settimanale, dopo l’ennesima volè giocata seguendo a rete il servizio, al mio socio è sfuggita un’esternazione di biasimo alludendo al mio vezzoso tennis d’antan, quasi fosse uno sport minore, non rappresentativo dell'atletico tennis moderno, un escamotage per evitare quella che riteneva, evidentemente, una più macha sfida da fondo campo.
Poco male, ho pensato, gioco come ho imparato, me l’hanno insegnato da bambino, ho continuato da adulto, con gli inevitabili sviluppi/inviluppi che il passare degli anni comportano e non posso certo cambiare dopo il mio ½ secolo.
Poi, però, mi sono chiesto, l’esplosione del gioco caratterizzato da esclusivi scambi da fondo campo è davvero la conseguenza dell’evoluzione tecnologica dei materiali via, via impiegati nella produzione di racchette, corde e palline o è, piuttosto, frutto di diverse metodologie didattiche impiegate sempre più tra gli anni ‘70/’80, scalzando i precedenti approcci stilistici, per reale convinzione della loro efficacia o più per desiderio emulativo dei grandi interpreti di questo gioco che spazziavano nel circuito di quegli anni?
In fondo Borg che tutti hanno ammirato come grande interprete di questo innovativo, ai tempi, stile di gioco, adottava una racchetta di legno, nonché corde e palline dell’epoca.
Ad un certo punto, come per magia, esplose la mania di giocare il rovescio a due mani, quando in precedenza quasi si biasimava chi si dimostrasse fragile nel giocarlo con una sola, ritenuti acerbi, inadeguati, forse anche poco machi .
Tutto d’un tratto, giocare il rovescio con una mano non sembrava più un must, le impugnature suggerite incominciarono a moltiplicarsi, da usarsi una per il servizio, una per il dritto, una per il rovescio, un’altra, ancora, per le volè (all’inizio di questa avventura evolutiva non ci si spingeva ancora all’idea di non considerare proprio questa variante tattica). Poi gli spagnoli ed i sudamericani, già tradizionalmente più avvezzi a questo stile di gioco, incominciarono a dettare legge a livello di coocing, la chiusura delle impugnature suggerite divenne sempre più esasperata e il gioco da fondo (quello che una volta si associava al pallettaro, così chiamato a mo di sfregio ) divenne l’unico modo di giocare a tennis, divenne, forse, anche una moda.
Ricordo ancora il mio maestro quando, nel suggerirci l’impugnatura da utilizzare - una continental o martello - ci disse: “Usando solo questa impugnatura potrete concentrarvi solo sul colpire la palla, un problema in meno”.
Alcuni ragazzini con la racchetta in mano, oggi, sembrano impugnare delle padelle per fare la frittata da quanto è chiuso il piatto corde, assolutamente parallelo al pavimento. Nel frattempo, però, il tennis d’alto livello sembrerebbe virare un po’ tendenza . Sempre più spesso si vedono giocatori bimani utilizzare il rovescio ad una mano per giocare il back, ogni tanto si intravvede il serve and volley come occasionale soluzione tattica e l’altro giorno su Supertennis ho assistito ad una recente finale ATP americana dove un ancora giovane Herbert incantava con un gioco anni ’60 che il suo avversario faticava ad arginare nonostante i missili che esplodeva da fondo campo ed al servizio.
Mi sono interrogato, dunque il gioco a rete esiste ancora, si può comunque giocare ad alti livelli un efficace e vincente serve and volley, la graffite ed il piatto corde maggiorato non c’entrano nulla con questa apparente involuzione nel tennis da maratoneta della racchetta, ma allora tutto è solo frutto di una banale e volgare tendenza degli ultimi vent’anni (Bollettieri docet)?
Che ne pensate?