Il fatto che stia scrivendo questo ad un mese dal Natale è un più che altro un caso.
Ciò che sto per scrivere è una storia che vivo indirettamente sulla mia pelle da un mese a questa parte.
Tre settimane fa sono entrato in un ospedale per visitare il figlioletto di una coppia di amici, operato d’urgenza per un tumore alla testa; il bimbo ha poco più di tre anni, e una gran voglia di farci divertire. Appena mi sono presentato sulla porta della sua stanza, il piccolo mi ha chiesto una cosa: ‘Hai una sorpresina?’ Di sorpresine ne avevo quattro o cinque; alla terza ho iniziato a realizzare che avrei potuto dargliene cinquanta, e non sarebbero bastate. Ho avuto l’impressione che chiedesse qualcos’altro.
La struttura dove si trova il piccolo, vista da fuori e vissuta da dentro, è un girone dell’Inferno; arrivati, io e mia moglie non avevamo la più pallida idea di dove fossimo entrati. Un labirinto, con ascensori vecchi e corridoi lunghissimi. Non sapevamo dove andare, a chi chiedere; abbiamo imboccato una prima scala, e poi un ascensore scassatissimo. Siamo passati per un corridoio con scritto: ‘Scuola’. E io ho pensato; ‘ma dovrei essere all’Ospedale’.
Siamo arrivati infine in un reparto dove la maggioranza dei bambini hanno tutti la stessa acconciatura: non hanno capelli.
La struttura però è solo un contenitore; c’è qualcosa d’altro che deve rendere questo ambiente migliore: chi ha visto o conosce Patch Adams sa a cosa mi riferisco. Un sorriso, ma soprattutto l’attenzione, è la cosa che conta di più. Laddove non arriva il personale stipendiato, spesso arrivano associazioni che non hanno nessuno scopo di lucro, se non quello di approfittare dell’effetto terapeutico che un sorriso, o il semplice svago, può avere sulla malattia di qualsiasi persona, sia essa giovane o anziana.
Ognuno di noi può fare qualcosa, secondo le sue modalità.
Nel mio banner riporto da oggi due associazioni, ma non sono le sole.
E siccome di tennis parliamo e viviamo tutti i giorni, perchè non pensare a tornei amatoriali, il cui unico scopo è solo quello di sostenere chi fa?
Grazie per l'attenzione.
Ciò che sto per scrivere è una storia che vivo indirettamente sulla mia pelle da un mese a questa parte.
Tre settimane fa sono entrato in un ospedale per visitare il figlioletto di una coppia di amici, operato d’urgenza per un tumore alla testa; il bimbo ha poco più di tre anni, e una gran voglia di farci divertire. Appena mi sono presentato sulla porta della sua stanza, il piccolo mi ha chiesto una cosa: ‘Hai una sorpresina?’ Di sorpresine ne avevo quattro o cinque; alla terza ho iniziato a realizzare che avrei potuto dargliene cinquanta, e non sarebbero bastate. Ho avuto l’impressione che chiedesse qualcos’altro.
La struttura dove si trova il piccolo, vista da fuori e vissuta da dentro, è un girone dell’Inferno; arrivati, io e mia moglie non avevamo la più pallida idea di dove fossimo entrati. Un labirinto, con ascensori vecchi e corridoi lunghissimi. Non sapevamo dove andare, a chi chiedere; abbiamo imboccato una prima scala, e poi un ascensore scassatissimo. Siamo passati per un corridoio con scritto: ‘Scuola’. E io ho pensato; ‘ma dovrei essere all’Ospedale’.
Siamo arrivati infine in un reparto dove la maggioranza dei bambini hanno tutti la stessa acconciatura: non hanno capelli.
La struttura però è solo un contenitore; c’è qualcosa d’altro che deve rendere questo ambiente migliore: chi ha visto o conosce Patch Adams sa a cosa mi riferisco. Un sorriso, ma soprattutto l’attenzione, è la cosa che conta di più. Laddove non arriva il personale stipendiato, spesso arrivano associazioni che non hanno nessuno scopo di lucro, se non quello di approfittare dell’effetto terapeutico che un sorriso, o il semplice svago, può avere sulla malattia di qualsiasi persona, sia essa giovane o anziana.
Ognuno di noi può fare qualcosa, secondo le sue modalità.
Nel mio banner riporto da oggi due associazioni, ma non sono le sole.
E siccome di tennis parliamo e viviamo tutti i giorni, perchè non pensare a tornei amatoriali, il cui unico scopo è solo quello di sostenere chi fa?
Grazie per l'attenzione.