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Promemoria primo messaggio :


Andy Murray: "Voglio il n° 3 per fine anno"

Andy  Murray - Pagina 2 NEWS_1231005162_Murray,_Andy

Non più di una decina di giorni fa si tornava ad accennare all’immaturità che, in fondo, ha finora limitato la cresciuta umana e sportiva di Andy Murray; troppo legato alla madre, un rapporto decisamente infantile anche con la fidanzata, un’incapacità di visualizzare con lucidità, freddezza e intelligenza il proprio tennis e la propria carriera (incapacità che riemerge implacabilmente negli scontri diretti con i primissimi, ma che si manifesta troppo spesso anche in partite che non dovrebbero portare alcun problema). Si criticava in particolare il ben poco felice tempismo con il quale lo scozzese unì la critica al calendario ATP, a sua detta troppo stressante, con la decisione di partecipare a una massacrante stagione asiatica, iniziata la scorsa settimana a Bangkok e che sta continuando in questi giorni a Tokyo.

La scorsa settimana “Muzza” ha dominato il torneo, perdendo un solo set (in semifinale contro Simon) e umiliando in finale il povero Donald Young in 47 minuti, lasciando la miseria di due game all’avversario (al quale sta facendo pagare decisamente salato lo sgarbo di Indian Wells, così come Bogomolov jr). Tale prova, evidentemente, ha galvanizzato il numero 4 del mondo, tanto che questi si è slanciato nel riferire apertamente l’obiettivo di questo fine 2011, ovvero finire l’anno al terzo posto.

L’obiettivo è sacrosanto, sia chiaro: nella race lo scozzese ha già scavalcato Federer e lo svizzero, che non difenderà i punti della finale di Shangai (persa proprio contro Murray), sarà chiamato a ripetere un finale di stagione, quello 2010, praticamente perfetto, con le vittorie di Stoccolma, Basilea e al Master di Londra e la semifinale (persa oltretutto con una marea di match point) di Parigi Bercy. Murray, a parte ovviamente il titolo cinese, ha scadenze meno gravose, dovendo difendere il secondo turno di Valencia, i quarti di Bercy e la semifinale del Master.

Certamente Federer ama giocare indoor e quindi non è detto che non riesca a ripetersi, ma è indubbio che la difficoltà dello svizzero a mantenere costantemente alto il livello di gioco e il suo digiuno da vittorie (è ancora fermo al solo titolo di Doha quest’anno) siano basi concrete per lasciare speranza a Murray.

Ma ancora una volta è criticabile il modo e il tempismo con cui l’eterna promessa del tennis attuale si sia reso protagonista di tali dichiarazioni. Come un juniores, o comunque non come un giocatore potenzialmente da numero 1 e da Slam, Murray passa tuttora con troppa facilità dalla depressione all’euforia – e viceversa – a seconda dei risultati.

Dall’abbattimento post US Open (dove ha perso l’ennesimo treno della sua carriera), con tanto di dichiarazioni pessimistiche in Davis (pessimismo ai confini della realtà, visto che la Gran Bretagna affrontava l’Ungheria) e quelle ben note circa il calendario, è passato a tutt’altro tono, “ho giocato bene, mi sono mosso bene, ho servito bene, l’obiettivo è finire l’anno al numero 3”. E tutto questo per la vittoria del torneo di Bangkok. Dove ha affrontato i numeri 88, 76, 12 e 55 del mondo.

L’augurio è quindi che Murray, ben prima che diventi numero 3 o 2 o 1 del mondo, prima che diventi vincitore di Slam, trovi un equilibrio e una maturità che gli consenta di esprimere in pieno il suo enorme potenziale (perché è enorme, non verrà mai sottolineato abbastanza e non farà mai arrabbiare abbastanza tutto questo).

Perché ancora una volta ha toppato in pieno: dichiarare di voler finire l’anno al numero 3, significa implicitamente – ma nemmeno troppo – di voler finire l’anno davanti a un giocatore a cui la classifica, semplicemente, importa sempre più relativamente…essere numero 3 o 4 cos’importa, quando si è stati numeri 1 per 237 settimane consecutive e si ha vinto 16 Slam?

Ancora una volta, insomma, Murray ha sbagliato clamorosamente bersaglio, nel giorno sbagliato, nel luogo sbagliato. Ha dato dimostrazione ancora una volta che sa benissimo che deve fare qualcosa per fare il famigerato salto di qualità ma, con una goffaggine paperinesca, ha dato dimostrazione ancora una volta che non ci ha capito nulla.


Riccardo Nuziale - Ubitennis.com

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non ho fatto in tempo a scrivere...
il dritto qui sopra l'ha tirato a 124 miglia orarie = 199,5 km all'ora!
Very Happy

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Guido

sono indeciso: volevi dire che e' veloce lui...o lento tu?

Very Happy

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la seconda che hai detto... Very Happy

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guidoyouth ha scritto:
non ho fatto in tempo a scrivere...
il dritto qui sopra l'ha tirato a 124 miglia orarie = 199,5 km all'ora!
Andy  Murray - Pagina 2 97171
MINKIA!!!!!!!!!!!!! affraid

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Andy  Murray - Pagina 2 Andy11... "io come il Manchester United"

Il numero 3 si confessa a Martin Samuel del Daily Mail, parlando della passione per la boxe, la crisi post Melbourne ("Mi ha sconvolto, a marzo ero a terra"), i problemi del tennis britannico, la scelta di Cahill come coach part-time ("Cercavo uno importante che potesse capire me e il mio gioco"), il suo temperamento in campo. E dice: "Continuano ad accusarmi che non vinco Slam, ma devo vedermela con tre giganti. Se il Manchester o il Real hanno davanti a loro il Barcellona, che ci possono fare?"

Quando Andy Murray arrivò all’Accademia Sanchez-Casal a Barcellona, due giovani spagnoli nel suo dormitorio si affrontarono a boxe. A fine giornata, indossarono guantoni e casco e si diedero battaglia sul nudo pavimento. Murray non partecipò, ma assistette affascinato.

La notte in cui arrivò a Parigi per il Masters 1000 della scorsa settimana è stato nuovamente spettatore, sebbene stavolta nella sua camera d’albergo. Questa volta ad attirare la sua attenzione c’erano Ricky Burns, un peso leggero scozzese, e George Groves, campione Commonwealth dei supermedi.

“Se a combattere c’è qualcuno che conosco, non voglio mai vedere – dice Murray – divento così nervoso per loro che non reggo. Mi agito. Non so come i loro familiari possano sedersi vicino al ring. Quando David Haye affrontò Wladimir Klitschko dovetti andarmene dopo due round. Mi sentivo davvero a disagio, troppo preso. Ma nonostante lo trovi molto difficile, niente mi dà più adrenalina della boxe”.

I paralleli con il tennis sono ovvi: due contendenti, in una gladiatoria area delimitata da quattro angoli, costretti a rimanervi all’interno fino alla propria vittoria o sconfitta. Murray, 24 anni, adora questo sport da quando di anni ne aveva 13; fu allora che vide Audley Harrison combattere a Glasgow.

“Non penso sia stato un grande incontro” dice “ma mi elettrizzò. Ammiro davvero i pugili: la disciplina, lo studio metodico degli avversari, i sacrifici, la dedizione. Basta guardare un match di allenamento, vedere come anche lì diano davvero tutto, uscendone a pezzi. Ho fatto visita a gente come David Haye e George Groves in palestra, ho studiato Floyd Mayweather in video. Amo quest’aspetto, l’onestà di questi posti, l’umiltà di questi atleti. Sono andato in una palestra a Miami dove Groves si stava allenando e accanto a lui potevi vedere una signora sessantenne dare colpi a una punch-bag, o un tipo sovrappeso o un ragazzino. Vicini al campione del mondo dei supermedi”.

“Nel tennis è tutto così bello e curato, ma la boxe è sport nella sua essenza; è davvero puro e mi piace questo”.

“Non ho mai combattuto. Ho indossato i guantoni e dato i colpi alla sacca, ma non sono mai andato oltre. Ne parlo spesso con i ragazzi con cui lavoro: sarebbe bello indossare guantoni e casco, salire sul ring e farlo, creare il nostro Fight Club”.

Come mai questo appassionato collegamento con un altro sport? Murray ci riflette.

“Come nel tennis, se sei disposto a sacrificarti anche solo un po’ di più del tuo avversario, questo ti darà un vantaggio. Questo è importante, perché ti puoi preparare per un match e pensare di conoscere bene il tuo rivale e magari questo cambia qualcosa e gioca in modo del tutto diverso”.

La stagione 2011 è vicina alla conclusione, ma l’intenzione di Murray è quello di alzarsi in fretta dal proprio angolo per dominare il ring nel 2012. La sua sconfitta a Bercy contro Berdych è stata una delusione, ma è arrivata dopo una striscia di 18 vittorie e tre tornei vinti di fila, e la sconfitta è arrivata con un equilibrato bilancio complessivo di 122 punti a 119 per il ceco.

Domenica cominciano le ATP World Tour Finals e Murray spera di chiudere l’anno col botto. Lo scozzese è sicuramente nel momento migliore della propria carriera ed ha scalzato Roger Federer dalla terza posizione mondiale.

“Passare da 20 a 5 sembra una scalata maggiore di quella da 4 a 3, ma più sei vicino alla vetta, più è grande il salto da compiere. Dopo lo US Open mi son seduto con il mio team e ho detto che ora è il momento di essere completamente seri e concentrati, perché sono vicino più che mai al grande salto di qualità”.

“Nel tennis non è l’avversario ciò che più temi, ma la paura del fallimento, il sapere quanto tu sia vicino a un traguardo, ma quanto questo sia allo stesso tempo fuori portata. Penso che la prossima volta che mi ritroverò in quella posizione sarò più bravo a controllare le mie emozioni; mi sento mentalmente più forte, più rilassato. A livello tennistico sono lo allo stesso grado di gennaio, quando ho raggiunto la finale a Melbourne; è il livello che voglio, devo continuare così”.

La sconfitta in tre set contro Djokovic a Melbourne (in tre finali Slam Murray non ha vinto un parziale) costò un prezzo più salato del previsto. Murray è caduto in una crisi durata mesi, periodo passato a valutare il proprio gioco.

“Penso che nessuna sconfitta mi abbia stravolto per un periodo così lungo come questa” ammette “per prepararmi, lo scorso dicembre andai a Miami. Ho passato Natale da solo, correndo in spiaggia. Ci sono cose peggiori, lo so, ma chiunque altro era con la propria famiglia e tutto quello che potevo fare io era pensare ‘non preoccuparti, ne vale la pena’”.

“Quindi andare così vicini all’obiettivo per poi perdere è doppiamente dura, perché pensi a tutto quello a cui hai rinunciato. E ci sono tutti che vogliono consolarti, che è l’ultima cosa di cui hai bisogno. Non vuoi sentirti dire ‘stai facendo bene e prima o poi succederà se lavori sodo’ perché pensi ‘guarda, sto lavorando sodo, ma il titolo non è arrivato, quindi non dirmi così’”.

“Ci sono momenti in cui non vuoi essere consolato, in cui non vuoi neppure parlare con le persone. Non c’è nessuno che può aiutarti. Sei il solo che può fare i conti con quello. A marzo mi sentivo semplicemente a terra. Odiavo allenarmi. Tutto andava storto.”

“Da solo, puoi andare molto in profondità. Puoi chiederti cosa devi fare: è il mio allenamento, il mio team, la mia preparazione? In realtà non è mai una questione così drastica, è più avere confidenza su quello che fai. Maturando e diventando più esperto impari a comprendere cosa va bene e come renderlo migliore anche solo aggiungendo un 5%”.

Quel 5% spera potrà arrivare con Darren Cahill, il coach australiano dell’idolo di Murray, Andre Agassi, il quale potrebbe portarlo a fare il salto di qualità negli Slam.

Per la maggior parte del tempo Murray continuerà ad essere seguito dall’amico Dani Vallverdu, un ex giocatore venezuelano conosciuto una decina di anni fa durante la formazione in accademia in Spagna. Vallverdu lo capisce e Murray spera che Cahill potrà essere un valore aggiunto part-time. Un impiego a tempo pieno è infatti fuori discussione, essendo Cahill di base a Las Vegas e impegnato con l’ESPN.

“Non è facile ma troveremo una soluzione” conferma Murray “volevo qualcuno che comprendesse me e il mio gioco. Non giusto qualcuno, ma un nome importante”.

Personalità singolare, qualcuno potrebbe percepire Murray come arcigno o deprimente. Non lo è affatto. Può considerare e vivere lo sport in maniera intensa, addirittura ossessiva, ma è disponibile e accomodante e ride spesso.

Anche la sua formazione è particolarmente apprezzata. Parla degli anni dei tornei juniores, in cui lui e suo fratello Jamie erano gli unici scozzesi in tornei dominati dalla presenza di ragazzi inglesi: “ogni torneo distava circa 6 ore da casa nostra, ma penso che sia stato questo ad avermi formato. Eravamo outsider ogni volta, così diventammo il nostro piccolo team. Non c’era niente in Scozia: niente tornei, niente giocatori. Questo è piuttosto singolare nel tennis, trovare un giocatore che sfonda proveniente da un Paese senza storia e strutture”.

Forse è per questo che a 15 anni Murray rifiutò la proposta della British tennis academy di Sutton e andò in Spagna: “quando andai in Spagna tutti, dal migliore al peggiore, giocavamo allo stesso modo, tutti avevamo lo stesso addestramento. Se vai nel nostro centro nazionale, trovi dieci giocatori di nazionalità diverse che si allenano tutti in maniera diversa. Se i risultati non arrivano, subentra il panico e si cambia direzione. Non c’è fiducia nel nostro metodo, non c’è senso di aderire ad un’idea, non c’è identità, non c’è consistenza nel nostro modo d’insegnare, quindi ovviamente non c’è uno stile britannico”.

“Magari avremo la fortuna che di tanto in tanto qualcuno sfonderà, ma non c’è sistema nella nostra scuola. Per essere tra le grandi nazioni bisogna avere un’identità. Quando affronti un tennista spagnolo o sudamericano, sai cosa ti aspetti. Hanno uno stile, che è stato a loro insegnato. Gli americani hanno tutti un gran servizio e un gran dritto, i francesi sono spiriti liberi, tutti i loro giocatori sono eleganti, un po’ come la loro nazionale di rugby. In Gran Bretagna si ha troppo e a un’età troppo giovane. Nessun’altra nazione dà ai propri giovani quello che diamo noi, e tuttavia producono un numero di professionisti d’alto livello nettamente superiore al nostro”.

Quelli che vedono Murray come una persona solitaria, cupa e introspettiva, si sbagliano. Sa perfettamente che la sfida di vincere almeno uno Slam in questa epoca d’oro del tennis maschile è immensa; tuttavia Murray non si lascia prendere dal pessimismo e dallo sconforto.

“Questo è stato un ottimo anno. Non ho vinto uno Slam ma è stato il mio miglior anno e il primo passo da fare è essere a proprio agio con sé stessi”.

“Sto gareggiando con due tra i più grandi giocatori di sempre, Federer e Nadal, e Djokovic ha avuto una delle migliori stagioni della storia. La gente prova compassione per me perché sono in quest’epoca, ma credo che questo mi abbia reso e mi renda un giocatore migliore, perché ogni anno l’asta si alza. È un po’ come essere il Real Madrid o il Manchester United dietro il Barcellona; magari le squadre che arrivano seconde non verranno ricordate, ma che possono fare più di dare il massimo?”.

“Non ruota tutto intorno al vincere Slam. Certo, se non ci riuscirò sarò deluso, ma non sarebbe come perdere con giocatori scarsi. È frustrante come ancora in molti non vogliano ammettere quanto ci sia vicino”.

I momenti di follia in campo, i momenti di grande pressione quando Murray sembra in guerra con sé stesso o con chiunque presente nel suo box, sono qualcosa che deve sforzarsi di incanalare: “ci sono 50000 persone a guardarmi sul posto, milioni dalla tv, telecamere ovunque e quando sta succedendo qualcosa che non mi piace, o le cose si stanno mettendo male, da sempre guardo le persone che sono lì per me, che non mi giudicano o criticano, e indirizzo la mia frustrazione verso di loro”.

“Chiunque abbia giocato sa cosa significa andare sotto pressione ed essere frustrati. Quindi sì, so che devo concentrarmi su di me e sul mio gioco, ma vorrei anche dire che ci sono un sacco di ex giocatori britannici che ora commentano che non hanno mai sentito quel tipo di pressione perché non hanno mai giocato partite di quel livello. Non possono capire. Devo migliorare questo aspetto, ma non è quello che mi porterà dal numero 3 al numero 1. È un aspetto, ma ce ne sono di più importanti”.

“Non sono perfetto, lo so benissimo. Ma ognuno è diverso. Federer rimane sempre calmo. Ma ad esempio un grande calciatore come Wayne Rooney s’incavola spesso con i suoi compagni o con sé stesso ed è comunque un campione. Reprimere le emozioni non mi farebbe stare bene. Star lì senza dire niente mi farebbe sentire a disagio e vuoto.”

“Mi sembra strano che a Wimbledon ogni anno, praticamente ogni giorno, mi viene chiesto circa lo stress e la pressione di giocare in casa. In qualsiasi sport giocare davanti al pubblico amico viene considerato un vantaggio, perché quindi dovrebbe essere un problema per me?”

“Penso che noi come nazione attendiamo questa vittoria e visto che finora non ci siamo riusciti ci poniamo grandi domande. Perché Tim Henman non ha mai vinto Wimbledon? Perché Andy Murray non lo ha ancora vinto? Beh, qualche volta è perché non sei bravo abbastanza”.

da UBITennis (n.d.r. - Traduzione di Riccardo Nuziale)



Murray ministro dell' economia


Lo scozzese si schiera a favore dei tagli ai finanziamenti per i tennisti britannici, supportati dalla federazione fino alla soglia dei 30 anni, indicando una soluzione nel metodo spagnolo

In tempi di ribaltoni e crisi economiche, lo spread di Andy Murray è salito alle stelle, inducendo lo scozzese a prendere una posizione netta sul supporto economico rivolto ai giovani tennisti britannici, che ricevono aiuti fino a 28 anni. Per il n.3 del mondo, intervistato dal “Daily Mail”, tutto ciò rende i giovani meno propensi alla lotta e al sacrificio e reputa questa una causa scatenante dello scarso rendimento che il tennis d’oltre manica vive ormai da decenni. Per Andy il sistema da adottare potrebbe essere quello usato in Spagna, paese da lui molto amato e conosciuto, visto che vi si trasferì appena ragazzino.

“In Spagna a 18 anni il tuo finanziamento cessa. Da quel momento in poi tutto quello che riesci ad ottenere è tanto di guadagnato. Noi invece qui in Gran Bretagna finanziamo i giovani fino a 28 anni, mentre nella nazione più forte del mondo, sei da solo. Forse significa qualcosa” Quando me ne andai,- continua lo scozzese – non c’era in Scozia, né giocatori né tornei. Emergere in un Paese senza un background nel tennis è una cosa piuttosto inusuale, ma io ci sono riuscito.



Sul quotidiano inglese Murray prova anche a fare un sunto del suo 2011, attraversando fasi altalenati ma ricche di certezze e di un salto di qualità forse finalmete raggiunto. “Mi sento come “Real Madrid e Manchester United dietro al Barcellona. Sono capitato in un’era formidabile per il tennis. Questo però fa sì che l’asticella si alzi ogni anno così devo cercare di migliorarmi sempre. Quest’anno aveva preparato al meglio gli Australian Open – racconta Murray - ero andato a Miami da solo. Ho passato Natale da solo a correre in spiaggia. So che c’è di peggio ma il pensiero che mi consolava era ‘continua così che sicuramente ne vale la pena’. Invece dopo aver fallito a gennaio mi sentivo svogliato, impotente. A marzo non avevo neanche più voglia di allenarmi. Poi la svolta, la fiducia ritrovata e la voglia di tornare a giocare e vincere. Quando scali il ranking dal 20° al 5° posto – continua lo scozzese - sembra che hai fatto un grande salto in avanti, ma credo che il successo maggiore sia adesso quando passi dalla 4ª alla 3ª posizione. Questo dimostra quanto sono vicino a compiere un ulteriore salto di qualità e anche se non ho vinto un torneo del Grand Slam, quest’anno è stato il migliore per me”.

L’ultimo atto della stagione lo vede protagonista davanti al suo pubblico per le ATP World Tour Finals: Se non ho mai vinto Wimbledon di certo non è colpa della aspettative e della pressione di media e tifosi, e qui è lo stesso. Giocare in casa dovrebbe essere sempre un vantaggio.

Poi, ispirandosi alla box dice: “Mi piace la boxe: è sport allo stato puro. Nei pugili ammiro la dedizione, la disciplina e lo studio metodico dell’avversario, tutte qualità fondamentali per poter conquistare il titolo al Masters”.
T.it (n.d.r.)

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intervista molto interessante, mi sembra che gli inglesi con lui sono come gli italiani... se vinci sei il migliore di tutti, se arrivi secondo, perdendo magari con i migliori di sempre, allora sei solo uno come tanti altri...
cavolo, simpatico o meno è sempre il numero 3/4 del mondo, io al massimo a mio figlio potrò dire che una volta sono stato nei primi 4/5 doppisti del mio circolo...
forse va meglio lui... ma io do' sempre il massimo, a volte basta prer vincere, altre no, a volte il mio massimo è abbastanza alto, altre volte è molto basso... come penso sia per tutti, sia che ti chiami federer, sia che ti chiami nanobabbo!!! lol!

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Sua mamma è il nuovo capitano della Gran Bretagna di Fed Cup Smile

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Andy Murray: i migliori colpi del 2011


Per il tennista scozzese la strada verso un successo nel Grand Slam sembra essere ancora molto lunga. Tra un acciacco e l’altro si prepara per l’avventura australiana

Siamo sicuri che se mai Andy Murray riuscirà a coronare il sogno di vincere una finalissima del Grand Slam, Slam lo farà con una smorfia e non con un sorriso.

Murray, n.4 della classifica Atp, soffre di dolori al ginocchio destro e zoppica, al punto che non mancano gli interrogativi sulla sue possibili performance ai prossimi evento a Kooyong e all’Australian Open dal 16 gennaio 2012.

Un mese fa, il tennista scozzese aveva dovuto ritirarsi dal campionato ATP di Londra per problemi all’inguine dopo appena una partita. Ma non basta, Andy Murray è nato con una rotula bipartita (o rotula divisa) e, come ha rivelato durante il Roland Garros 2010, questa condizione gli causa dolori sin dall’età di 16 anni. E’ una patologia rara, che affligge meno dell’uno per cento della popolazione mondiale.

Il 24enne è arrivato a Brisbane giovedì dichiarandosi fiducioso sul suo infortunio all’inguine, che non ha richiesto intervento chirurgico. “Sono in buona forma”, ha dichiarato Andy Murray, che giocherà martedì notte sull’Arena Pat Rafter.

“Ogni anno lavoro per cercare di migliorare alcune delle cose che non ho fatto così bene nell’anno precedente e per imparare da alcune delle sconfitte. Ho bisogno di giocare un po’ meglio in finale, nelle grandi partite e, auspicabilmente, ottenere qualche risultato”.
T.it (n.d.r.)