Matteo1970 ha scritto: Dagoberto ha scritto: Matteo, io ci ho rinunciato, non credo si possa evitare veramente che la mente elabori i suoi pensieri, ma puoi limitare le opzioni da considerare in quei pochi attimi di tempo tra l'arrivo della palla ed il suo colpirla.
Come?
Limitando il più possibile l'improvvisazione durante la partita.
Quindi, in risposta al servizio o quando servi, decidi prima cosa intendi fare (sulla base del tuo piano di gioco o sulla base dei colpi che ti riescono meglio o, infine, in funzione di tuoi schemi abituali preconfezionati - questi li devi avere e se non li hai, createli sfruttando i tuoi colpi migliori) e lascia l'improvvisazione come opzione solo nel caso il tuo piano non si sia attivato con il tuo primo colpo (per esempio, volevi eseguire un lungolinea di diritto, ma in risposta al servizio ti ha tirato sul rovescio, ecc.).
Datti come regola da seguire in maniera ferrea il non cambiare mai la prima decisione presa su come e dove colpire, nel caso ti accorgessi che la direzione coincide con il lato dove si sta spostando l'avversario, concentrati solo a rendere il colpo molto efficace con la sua profondità.
Momento di confusione e non sai più cosa fare, gioca una volta di qua e una volta di la, nel lato apposto del campo rispetto al tuo avversario, senza esagerare, non devi prendere l'angolino, molti sono agevolati a mettergli la palla lontano dal corpo semplificando la ricerca del giusto posizionamento rispetto alla palla, ma solo una volta sul diritto ed una volta sul rovescio alternandoli meccanicamente e senza cercare contropiedi.
Insomma, limita le opzioni, prodotte in numero industriale dal cervello di alcuni giocatori, solitamente quelli più creativi, con maggiori opzioni virtuali che sono sempre alla ricerca della strategia che sorprenda senza dubbi l'avversario di turno.
A volte un colpo scontato, ma molto efficace, con profondità, con ottimo spin, con perfetto taglio in back o slice, è di per se già sufficiente.
Se sei predisposto al gioco fantasioso e non ripetitivo, capiterà ancora di incartarti cambiando all'ultimo secondo la direzione della pallina vedendo con la coda dell'occhio il buco lasciato libero dal tuo avversario, per te è fisiologico farlo, ma succederà molto meno
.
... a scegliere la meno pericolosa delle soluzioni quando la mia testa dice di scegliere
la più pericolosa perchè "è la più soddisfacente".
... Tenere le demì voleè lunghe negli angoli anzichè stopparle,
... tirare forte la voleè alta anzichè fare il contropiede a tutti i costi o mrare a una riga,
... tenere il palleggio invece di fare una smorzata o un attacco in controtempo..
Si fa solo per parlare, non vorrei risultare saccente
.
Esprimo alcune considerazioni su alcune tue affermazioni che trovo vicine ad alcuni aspetti anche della mia di sfera emozionale che ho cercato di gestire diversamente, a volte riuscendoci e a volte no.
Sei sicuro che lo scegliere una soluzione più difficile sia effettivamente animata da pura soddisfazione o è solo ciò che vuoi credere come inconscia assoluzione per il fallimento del colpo tentato?
Voglio dire, nel fare un colpo, alla fine, vogliamo mettere in difficoltà il nostro avversario.
Certo, se riusciamo a farlo con un bel gesto tecnico, meglio, ciò ci innorgoglisce ancor più, ma, alla fine, quello che da soddisfazione è vederlo in difficoltà(ecco la naturale crudele indole competitiva che viene a galla
).
Quindi, quando cerchiamo il contropiede cambiando idea all'ultimo secondo, o cerchiamo una smorzata conclusiva invece di continuare uno scambio da fondo, al di là della soddisfazione che il più bel gesto può garantirci, siamo comunque animati principalmente dal desiderio, dalla ricerca di metterlo in difficolta, di vincere il punto e non certo di fare un bel gesto
.
Intendiamoci, non c'è nulla di male a cercare un contropiede, neanche a fare una smorzata o qualunque altro colpo maggiormente, diciamo, virtuosistico.
Il punto è: perchè decidere di eseguire un colpo di maggiore difficoltà all'ultimo momento cambiando idea?
Fondamentalmente perchè non crediamo che un nostro colpo, diciamo, normale, ordinario, sia sufficiente a mettere in difficoltà il nostro avversario, pensiamo che sia sempre necessario fare un colpo più difficile di quello che stavamo affrontando, magari eccezzionale, quindi se nel colpire un dritto incrociato che ci vede divinamente ben posizionati rispetto alla palla ci accorgiamo che il nostro avversario ha, nel frattempo, lasciato libera l'altra parte del campo, una paura fino a quel momento nascosta repentinamente emerge introducendo il tarlo del dubbio, facendoci automaticamente girare la decisione e tentare un contropiede.
Come poter definire questa situazione se non con MANCANZA DI FIDUCIA?
Non siamo sicuri dei nostri mezzi, diciamo, normali e ci spingiamo verso difficoltà sempre maggiori fino a raggiungere, inevitabilmente, i nostri limiti con gaudia soddisfazione del nostro avversario che si vede regalato un punto, magari nella sua testa già perso
.
Come recuperare, quindi, fiducia nei nostri mezzi, anche in quelli più ordinari?
Questo è, però, un altro tema, ancora più complesso.
Intanto si dovrebbe cercare di giocare anche colpi meno eccezionali, assaporandone la loro efficacia, magari a noi ancora sconosciuta, magari cercando di migliorarli, acquisendo in loro maggiore fiducia, alternandoli a quelli più eccezionali che non vanno assolutamsnte abbandonati se appartengono al nostro mentale DNA tennistico, eseguendoli solo nei momenti giusti e con la giusta dose di necessaria preparazione godendone, finalmente, la loro efficacia.
Insomma, convincersi che basta vincere ed evitare di rimanere imprigionati dall'idea che,
per noi, e solo per noi, sia necessario
SEMPRE STRAVINCERE.