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Partita VS Torneo

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Prendendo spunto dall'altro topic che esamina la differenza tra allenamento o palleggio e partita a punti, ho voluto introdurre la discussione sullo step sucessivo, ovvero la differenza tra la partita e la partecipazione ad un torneo ufficiale.

Potrebbero a prima vista sembrare la stessa cosa: sono entrambe partite,a volte si disputano con le medesime regole, a volte no, ma comunque conta sempre il 15.
Eppure..... per me, esiste un baratro di differenza.

In torneo rendo indicativamente il 60% del mio potenziale, e si manifesta qualcosa che in partita non provo quasi mai : la paura di perdere, o meglio la preoccupazione di non sbagliare.

Discutiamo qui di come vi sentite psicologicamente in TORNEO: magari ne vengono fuori degli spunti interessanti.

A voi la parola.

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Che dire il torneo genera di per se più ansia.
Poi magari c'è un pubblico di parte che rende ancora più difficile giocare bene, il campo magari non perfetto le righe ecc insomma ci si deve adattare in fretta.
Credo che anche a ciò ci si debba "allenare".

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Eh il "torneo" e' una bestia strettamente personale. C'è chi si carica come una sveglia e chi rantola nel panico. A mio avviso dipende da due fattori: 1) il Dna; 2) l'età.
Ci aggiungerei il maestro, ma è un discorso molto legato all'età. Ci si può un po' abituare alla tensione pre partita....ma se uno ha mal di stomaco... rimane.

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Palleggio, Partita e Torneo sono 3 sport differenti psicologicamente e tecnicamente.
La differente tensione nervosa innescata dalle tre situazioni di gioco condiziona drasticamente ogni altra componente, da quella fisica a quella tecnica.

Palleggio = tensione zero, non è un gioco, è uno sport assimilabile al fitness, ad una bella nuotata, ad una corsetta in mountain bike, ha uno scopo ben preciso, a volte nobile a volte no, ma che è diverso dallo scopo del gioco del tennis.

Partita = tensione variabile da diverse situazioni al contorno, dall'avversario, dalla posta in palio etc...
Per chi non fa tornei ufficiali, vale il discorso che farò per il torneo sotto.
Se parliamo invece di una partita di allenamento di un tennista che fa tornei, allora siamo ad un livello di tensione medio, non c'è troppa differenza tra vittoria e sconfitta perchè non c'è nulla in palio, è un allenamento agonistico a cui c'è sempre un seguito, una rivincita, una seconda sfida, ma viene affrontato con la giusta tensione perchè comunque, alla fine, a nessuno piace perdere.

Torneo = tensione alta, con un termine molto usato ed in voga direi che è la situazione che mette più pressione sulle spalle del giocatore.
La differenza tra sconfitta e vittoria è la stessa che morire o vivere nel mondo del Torneo.
Il match è senza ritorno, non c'è rivincita, o dentro o fuori.
Inconsciamente, anche quelli più esperti e navigati sentono la pressione del torneo, e quando si dice che in allenamento devi dare il 110% per rendere almeno all'80-90% in torneo, è per questo, perchè se ti va bene, almeno il 30% di efficacia te la leva la tensione.
L'esempio tipico è quando vai a servire sul 15-30, o sul 30-40.
Sono sicuro che in partita di allenamento tanti problemi non te li fai, ma se giochi in torneo invece ci pensi tre volte a provare il servizio vincente e nel 90% dei casi batti due seconde palle.
I punti non sono tutti uguali e pesano diversamente e questo fa molta differenza con tutte le altre situazioni di gioco.
Sai perfettamente che per vincere devi fare i punti importanti e non quelli belli che magari sfoderi nella partita di allenamento.
Gli highlights lasciali al tuo avversario e tu riporta il tubo di palle in segreteria con il punteggio a tuo favore da dare al giudice arbitro.
E' l'unico dei tre casi esposti in cui se giochi da schifo e vinci esci dal campo comunque con un risultato utile.

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Ne ho fatti pochi ma rendo sempre al massimo.
L'unica differenza sta nel fatto che in torneo gioco sempre in sicurezza, ovviamente.

Vorrei vedere quelli che rendono di meno. Secondo me è questione di scarsa tecnica, che cede di schianto alla prova dei fatti. Almeno a me succedeva così, specialmente al servizio.
Oggi non faccio un doppio fallo nemmeno se dagli spalti mi urlano contro al momento di servire o se mi fanno parlare/ridere.

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La tecnica non ha nulla a che vedere con l'ansia da torneo.
La tenica non può migliorare o peggiorare.
Resta quella.
Ci sono persone (a prescindere dalla tecnica) che in torneo rendono bene, altre che peggiorano notevolmente le prestazioni.
Questione di "DNA".

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chiros ha scritto:
Ne ho fatti pochi ma rendo sempre al massimo.
L'unica differenza sta nel fatto che in torneo gioco sempre in sicurezza, ovviamente.

Vorrei vedere quelli che rendono di meno. Secondo me è questione di scarsa tecnica, che cede di schianto alla prova dei fatti. Almeno a me succedeva così, specialmente al servizio.
Oggi non faccio un doppio fallo nemmeno se dagli spalti mi urlano contro al momento di servire o se mi fanno parlare/ridere.


Non lo ritengo un problema di tecnica, ma di efficacia.
Se fosse un problema di tecnica il risultato sarebbe sempre costante, la tecnica c'è o non c'è.

Personalmente la differenza che percepisco quando affronto un torneo è che sono in ansia per eccesso di concentrazione, cosa che mi fa stancare molto più del dovuto. Aggiungici una lieve ma costante tensione muscolare che mi rende meno reattivo e una percepita diminuzione delle capacità tattiche perchè la mia testa non è libera,ma invasa da preoccupazioni e dubbi.

In partita amichevole, ci fosse anche qualcosa in palio, al contrario sono molto centrato, calmo, determinato e "spietato".

Sento la competizione molto di più in amichevole ma si tratta di una competizione sana:cerco la vittoria e gioco sciolto e decontratto per ottenerla.

Per assurdo invece, in torneo, dove dovrei essere assetato di vittoria, gioco per non perdere, invece che per vincere.

Sono giunto alla conclusione che il problema è la consapevolezza di voler guadagnare punti FIT, che in realtà si traduce in paura di non guadagnarli.

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Sonny Liston ha scritto:
La tecnica non ha nulla a che vedere con l'ansia da torneo.
La tenica non può migliorare o peggiorare.
Resta quella.
Ci sono persone (a prescindere dalla tecnica) che in torneo rendono bene, altre che peggiorano notevolmente le prestazioni.
Questione di "DNA".

Quoto Sonny
Basti pensare che succede anche ai professionisti, e quelli di tecnica ne hanno tantissima.
Purtroppo dipende da DNA e secondo me si può migliorare solo facendo molti tornei, crescendo e sentendosi più sicuri dei proprio mezzi.

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al momento in torneo rendo il 50/60% rispetto alla partitella tra amici e questo è esclusivamente un problema mentale infatti 
a tal proposito mi sto rileggendo il libro "lo zen e l'arte di giocare a tennis"
solo nel servizio ho trovato il modo di rendere all'80/90% semplicemente prendendo tutto il tempo per concentrarmi e servire.
devo imparare a "non pensare", giocare rilassato e essere autoironico  evitando di insultarmi quando commetto errori.
tra le cose elencate sabato scorso in torneo mi ero prefissato di stare zitto in campo qualsiasi cosa accadesse. mi sono detto: "ok posso anche insultarmi ma solo nella mia mente... non parlare!"
mi sembrava semplice come primo passo... invece eccolo lì dopo i primi punti giocati malissimo che il borbottamento esce fuori..
sabato ho capito quanto la mia mente abbia il controllo su di me invece di essere io a controllare lei, sembra banale ma ci vuole consapevolezza in questo.
da questa settimana inizio gli esercizi proposti nel libro seguendoli con impegno e dedizione per vincere la partita contro il mio avversario più difficile: "me stesso"  Smile

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completamente d'accordo sul fatto che è questione di DNA caratteriale..e che si riflette in tutti gli aspetti della vita. Tennisticamente la tecnica non c'entra niente, se sei emotivamente fragile la paura del giudizio ti affossa mentalmente sia che tu sappia fare o non fare una determinata cosa e naturalmente prende maggior sopravvento su quelle cose che sai fare meno di altre.

non son d'accordo sul fatto che la tecnica non sia migliorabile o peggiorabile e che resti quella, non ne capisco il significato in relazione al carattere;

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sixers85 ha scritto:
completamente d'accordo sul fatto che è questione di DNA caratteriale..e che si riflette in tutti gli aspetti della vita. Tennisticamente la tecnica non c'entra niente, se sei emotivamente fragile la paura del giudizio ti affossa mentalmente sia che tu sappia fare o non fare una determinata cosa e naturalmente prende maggior sopravvento su quelle cose che sai fare meno di altre.

non son d'accordo sul fatto che la tecnica non sia migliorabile o peggiorabile e che resti quella, non ne capisco il significato in relazione al carattere;


Nessuno ha detto che la tecnica non è migliorabile, ma che il proprio bagaglio tecnico non si modifica in torneo.

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onehandjack ha scritto:
Sonny Liston ha scritto:
La tecnica non ha nulla a che vedere con l'ansia da torneo.
La tenica non può migliorare o peggiorare.
Resta quella.
Ci sono persone (a prescindere dalla tecnica) che in torneo rendono bene, altre che peggiorano notevolmente le prestazioni.
Questione di "DNA".

Quoto Sonny
Basti pensare che succede anche ai professionisti, e quelli di tecnica ne hanno tantissima.
Purtroppo dipende da DNA e secondo me si può migliorare solo facendo molti tornei, crescendo e sentendosi più sicuri dei proprio mezzi.

Se fossi un professionista probabilmente sentirei la tensione per mille motivi: i soldi in palio, tutta la fatica fatta, ecc.
Ma se perdo un torneo FIT che mi cambia? Boh

Comunque quando sei nervoso, i movimenti non sono più fluidi e i colpi meno sicuri vanno a farsi benedire. Per questo parlavo di tecnica.
La mia prima palla piatta è bellla solo se sto vincendo alla grande. Addirittura forzo bene pure la seconda.
Se la partita è combattuta, gioco il servizio sempre tutto arrotato perchè il colpo è sicuro e il movimento è stra-assodato nel cervello.

In sostanza gioco sicuro e via col coltello fra i denti! Very Happy


Quanto mi piace l'agonismo sul campo!

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Io invece in partita, se poi di torneo, faccio c@#@/e.
Rendo qualcosa come il 30%, con sprazzi al 70%. E il brutto è che me lo dicono gli altri.

Ora, in questo periodo è la tosse che mi fa uscire un polmone a ogni colpo e l'apnea che mi porta dietro.

Però la realtà è che rendo meno e non capisco bene il perché. Anche al di là di miei problemi personali, tecnicamente perdo tantissim, calo e lo stesso gesto tecnico va fuori di 10 cm o a nastro.

Se invece mi alleno, magari scambi con punteggio, va tutto bene.
Se faccio partitella, dipende dallo stato di forma (che in questo periodo, mi ripeto, è minimo).
Il torneo: quello lo PERDO IO per davvero. Oggi mi è stato dato - giustamente - della Giorgi: se sono in giornata tutto ok, altrimenti no. On/off. E non era torneo.

Adesso aspetto che mi passi la tosse, anche se intanto giovedì ho torneo. Vada come vada, darò il meglio. Quando sarò sano voglio vedere se il rendimento è lo stesso e.aggiorno.

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Piccola nota positiva: quando capito in the zone... Mi diverto, riesce tutto (ma va?!) e... Non penso.

Il problema di quella fase non è raggiungerla (pratico yoga E il concetto "smetti di pensare è chiaro"), ma mantenerla.

Spesso se arrivo sul 2-0... Stacco. E vado sotto 2-5.

Oppure raggiungo la zona in ritardo e devo fare rimonte.

Poi, se ci aggiungo un cambio di attrezzo, la frittata peggiora, perché a livello tecnico sono solo scompensi. c

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Avete mai giocato a calcio?

Anche seriamente, dico a livello regionale, senza andare oltre.

Vi è mai capitato di dover calciare l'utlimo rigore decisivo di una finale finita in parità ai supplementari?

A me è capitato, ne avrò segnati a valanga di rigori in allenamento, in partite amichevoli, a calcetto, all'oratorio, ed anche in partite di campionato, ma quando sono andato lì sul dischetto il portiere mi sembrava Buffon, la porta mi sembrava una porta da calcetto, e per far arrivare il pallone in porta mi sembrava di dovergli far fare la Salerno-Reggio Calabria.

Eavamo su un campetto in terra di provincia a giocarci una finale di un torneo che non conta nulla.

Non lo dimenticherò mai di aver tirato un rigore talmente banale che il portiere l'ha bloccato a mezza altezza facendo un passo verso la sua sinistra, non si è nemmeno tuffato.

Questa è la pressione del torneo, quella vera e quella che è presente per la maggior parte del tempo dell'incontro e che bisogna saper controllare al meglio.

Quando sei "in the zone" segni pure di tacco facendo una capriola, ma quante volte lo avete visto fare in un match vero? 
Ma quando sei "in The zone" al nostro livello?

Al nostro livello palla lunga e pedalare, soffrire, umili, tennis percentuale in torneo, rischi limitati e solo se necessari.

Gli highlights lasciateli per gli allenamenti.

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Per me iN the zone non è il colpo del torneo, ma scambiare profondo e pulito!:-) è questo il problema, mai fatti sport agonistici così, ho fatto altro (karate un torneo, poi nuoto mi hanno impedito di gareggiare, mio malgrado...:-().

Quando rimango concentrato gioco semplice, non per forza potente. Ma scambio ragionato e profondo.
Non mi prende la paura di sbagliare mai, anche se non sono itz, nel senso che non mi preoccupo di andare lungo o a rete.
Quando però non ci sono, mi succede più spesso del dovuto e da lì il circolo vizioso che mi allontana.dallo stato mentale di necessaria incoscienza che serve per giocare.

Per me il problema è mantenere l'incoscienza, non raggiungerla. Magari lo faccio per un punto o due, poi sparisco o perché mi crogiolo o perché... Boh! Devo imparare a mantenerla. E avere un fisico che mi segua in quello che voglio. Oggi correvo TROPPO... Non poco, troppo. Tutte le palle sulla pancia e spreco di energie. Poi, ovviamente, dopo correvo poco...

Secondo voi è un aspetto che può essere sviluppato con un maestro, magari con una partita contro, oppure è più un click che deve scattare, per comprendere come giocare?
Ho avuto un periodo in cui concentrarmi era semplice e stava tutto in campo... Bei tempi perduti (1 mese fa0_0)

Ps. Posso solo immaginare la.tensione per quel rigore...

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albs77 ha scritto:

Nessuno ha detto che la tecnica non è migliorabile, ma che il proprio bagaglio tecnico non si modifica in torneo.


beh scrivendo, cito:
La tenica non può migliorare o peggiorare.
Resta quella.

sembra una sentenza dal modo in cui è espressa. A prescindere dal carattere il bagaglio tecnico resta uguale, la variabile è la capacità di mettere in atto o meno questi mezzi a disposizione.

come dice correttamente sonny, c'è chi ha un DNA forte e riesce a spremere i propri mezzi a disposizione e chi ha un DNA debole e non riesce a uscire dalla melma del giudizio altrui.

io appartengo alla seconda categoria. Ad esempio mi alleno sempre con un 4.1 ( io 4.2) caratterialmente forte ma tecnicamente piu limitato di me...ci vinco anche 60-61 se in giornata ma straconvinto che se ci incontriamo in torneo lui mi massacra senza storia.

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Cosa intendi per DNA forte? Spirito agonistico ? Quella voglia di mordere alla giugulare?

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Sonny Liston ha scritto:
La tecnica non ha nulla a che vedere con l'ansia da torneo.
La tenica non può migliorare o peggiorare.
Resta quella.
Ci sono persone (a prescindere dalla tecnica) che in torneo rendono bene, altre che peggiorano notevolmente le prestazioni.
Questione di "DNA".

Io direi invece che la tecnica può migliorare e che ti aiuta in certe situazioni. Il fattore ansiogeno è imprevedibile si ma ci si può allenare almeno ad abbassare la tensione. Io con Agam sono migliorato in questo. Comunque il fare tanti tornei ti fa maturare molto.

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L'esperienza ti fa migliorare.

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Stavo cercando di analizzare cosa fosse diverso quelle volte in cui, in torneo, ho stranamente reso ad un livello prossimo al 100% e ,in alcuni particolari scambi, addirittura superato me stesso.

Sarà successo un paio di volte, ma ricordo l'euforia del momento.

la prima cosa che mi sovviene è che erano avversari decisamente più forti sulla carta e già questo ci dice una cosa: rischiare di perdere da uno più bravo è molto meno stressante, dopotutto è in qualche modo un fatto preventivato.
Per contro quando dovevo giocare con avversari più deboli ho sempre sofferto un certo timore di sfigurare in un match il cui risultato doveva essere già scritto, a conferma quindi che la valutazione dell'avversario in qualche modo genera un autovalutazione che potrebbe minare la propria autostima.

In secondo luogo ricordo la presenza di un caloroso pubblico, che applaudiva per i bei scambi.
Se molte volte ho sofferto del fastidio di aver gente a bordo campo in quelle occasioni invece ne ero piacevolmente stupito.

Come la possiamo chiamare questo essere contenti di far bella figura? 
Io direi gratificazione, bisogno di conferma dall'esterno, a rafforzare la propria convinzione di aver giocato bene, che evidentemente non gratifica a sufficienza.

Se dunque i problemi del torneo sono il bisogno di ottenere conferme dalla vittoria e la paura di fallire o di non raggiungere una prestazione ottimale, direi che la soluzione più ovvia sia:

- Entrare in campo cercando di fare una buona partita fregandosene di perdere o vincere
- Giocare il match cercando di avere una prestazione che noi riteniamo "buona", al di la dei giudizi altrui

A questo punto non resta che capire quale sia la prestazione "buona".

Cosa vogliamo? Vincere o aver giocato un bel tennis?
Direi che è facile la risposta... altrimenti non ci saremmo iscritti ad un torneo.

Spero possa essere utile

Ultima modifica di albs77 il Mar 27 Gen 2015 - 18:06 - modificato 1 volta.

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spalama ha scritto:

Quando sei "in the zone" segni pure di tacco facendo una capriola, ma quante volte lo avete visto fare in un match vero? 
Ma quando sei "in The zone" al nostro livello?

Al nostro livello palla lunga e pedalare, soffrire, umili, tennis percentuale in torneo, rischi limitati e solo se necessari.

Gli highlights lasciateli per gli allenamenti.


non capisco cosa c'entri questa tua seconda parte con la prima.
hai tirato un rigore in cui i pensieri ti hanno soprafatto e ok.....e che ci azzeccherebbe col discorso dell' in the zone e del livello? Non mi pare che abbia fatto un cucchiaio con la presunzione di fare il gollonzo della partita ed uscire da eroe.
Questa tua seconda parte non mi sembra in tema con il fattore emotivo ma piu che altro con la gestione tattica/tecnica della partita agonistica.

@simonb
sonny lo ha definito "DNA", credo si riferisse al nostro carattere...ed ognuno c'ha il suo. C'è chi è forte e coraggioso e come nella vita scende in campo convito che la partita la vince...e c'è chi è meno forte e coraggioso e si lascia prendere dall'emotività e scende in campo convinto di non si sa che cosa e che se sbaglierà quella palla facile facile l'avversario e chi lo guarda penserà che sei una pippa colossale.

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@albs. grazie per la disamina, per certi aspetti mi ritrovo e comprendo un po' meglio alcuni aspetti... Un po' una epifania

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Ciao Sixers

intendevo dire che prima di rivolgersi alla mente per far si che si giochi il più possibile in uno stato mentale di grazia, in questo sport bisogna imparare a far bene le cose semplici, i fondamentali, bisogna prima zappare tanta terra e masticare tanta merda prima di tolgiersi delle soddisfazioni.

Il pensiero positivo, la trance agonistica, può fare la differenza quando solo un fattore può cambiare l'inerzia di una partita e tutti gli altri sono in parità.

Intendevo dire che se ti ricordi solo pochi episodi di "stato di grazia" in cui hai giocato bene, allora sono solo episodi.

Al nostro livello devi eliminare i fattori base di perturbazione che sono:

1) presentarsi con l'attrezzatura a posto, dalla a alla zeta.
2) presentarsi in campo essendoti alimentato bene e munito di tutti gli integratori (leciti) di cui potresti avere bisogno.
3) essere preparato fisicamente per affrontare qualsiasi tipo di avversario
4) avere un tennis solido
5) avere un piano di gioco, cioè entrare in campo per imporre la nostra strategia di gioco (e non giocare solo sul colpo debole dell'altro)
6) avere voglia di soffrire
7) accettare che in campo ci sia uno stronzo che ti rimanda la pallina di qua in qualche modo e rispettarlo sempre.

Quando hai tutto questo bagaglio, fisico, tecnico, tattico e psicologico, allora ti puoi divertire a fare gli esercizi spirituali per cercare il Nirvana del tennis, altrimenti anche se stai "in the zone", ce fai la colla, come si dice a Roma.

Ed a volte nemmeno basta, vallo a dire a Baggio nella finale del mondiale USA.

La teoria è bella, ma ci devi stare li davanti ed in quel momento e poi mi racconti tutto lo ZEN che Baggio sicuramente conosceva benissimo e che se n'è andato in curva con tutto il pallone e le bestemmie di 55 milioni di italiani.

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si, spalama ho capito il tuo pensiero ma personalmente la stai vedendo in un modo già oltre allo stato prettamente emotivo di chi ha paura di sbagliare.

te giustamente dici che prima di rivolgersi alla mente per far si che si giochi il più possibile in uno stato mentale di grazia, in questo sport bisogna imparare a far bene le cose semplici, i fondamentali, bisogna prima zappare tanta terra e masticare tanta merda prima di tolgiersi delle soddisfazioni....ok, ma secondo te uno che entra in campo con la paura di sbagliare sta pensando a fare i colpi " in the zone" , o a pregare che qualcuno lassù gli levi la paura e gli permetta di esprimersi come sà che lo puo fare ( nel bene o nel male tatticamente che sia)?

il tuo discorso per me è uno step di chi ha già un carattere forte, di chi in allenamento si mette a fare i play of the week e che in partita si mette a fare i play of the week non rendendosi conto che i suoi errori non forzati sono il triplo dell'avversario che invece fa le cose semplici...palla lunga...soffre..etc..allora sì che lì c'è un problema ma non di certo di carattere emotivo.

la teoria è bella sì...ma Baggio col suo Zen non ha di certo fatto quello che Maicosuel ha fatto davanti a centinaia di udinesi che sognavano la champions...chi si è fatto prendere dall'emotività dei due?

ps: il tuo avatar è na figata Laughing
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