Il titolo dice tutto, rientro a giocare a marzo 2012 dopo 12 anni di stop e due figli (scherzo sempre che la paternità mi ha portato 17 kg di sovrappeso, poi guardano mia moglie che è perfettamente in linea e credono davvero che ho partorito io) e penso di più a come curarmi che come affrontare le partite. Mi ero iscritto in palestra a fine 2011 con un contratto addirittura biennale per fare sul serio ma alla fine in due anni avrò frequentato si e no 6 mesi (forse meno). So benissimo che la preparazione fisica è fondamentale nel nostro sport soprattutto per la mia tensione agonistica che è sicuramente di buon livello ma non me la posso permettere col fisico che mi ritrovo.
Mi sono procurato 11 tra stiramenti e strappi ai muscoli del retto femorale (sia dx che sx), problemi agli adduttori (una volta), cuffia dei rotatori (1 volta) e distrazione seria all'indice dopo uno smash col risultato di 7 mesi di stop. Mia moglie mi dice ogni volta di andare a palleggiare e di non fare partite. Dal mio punto di vista il palleggiare è movimento fisico come può esserlo pilates, nordic walking, biciclettata, eccetera. Lo sport presuppone l'agonismo, punto e stop. Ovviamente il movimento fisico ha per me lo stesso appeal della minestrina calda sciapita e condita col dado. Lo sport è un piatto di Fiorentina come Dio comanda.
Il tennis mi svaga e rinfranca la mente, se devo appiopparci tutto un programma di sciapiti esercizi fisici di preparazione, non è più un piacere anche perchè avrei bisogno di almeno due mesi di preparazione atletica con 3 sedute a settimana e dieta per perdere almeno la metà del sovrappeso. I saggi che sono tra voi bene argomenteranno che per ottenere il massimo godimento bisogna soffrire prima. Vero, verissimo. Solo che la sofferenza per quello che dovrebbe essere il settore di "svago" non riesco a preventivarlo. Come tutti c'è da sfangarla ogni giorno con i problemi di lavoro, famiglia e cavoli vari....non mi dilungo in queste ovvietà.
In questo scenario deprimente (so che siete gentiluomini e non direte la verità, ovvero che sono di carattere debole) ho un pregio che è la creatività, una creatività istintiva che spesso mi ribalta le situazioni negative. Sono stato molto colpito da un libro di Walter Bonatti ("I miei ricordi - Scalate al limite del possibile) che consiglio a tutte le persone che amano ricercare dentro se stessi motivazioni e ispirazioni. Ho sempre amato l'alta montagna anche se col fisico che vi ho descritto non ho mai potuto fare arrampicate memorabili. Ma oggi, dopo un'ispirazione avvenuta l'estate scorsa sul luogo, parte una mia avventura "Al limite del possibile", ovviamente del mio possibile.
L'ultimo week-end di giugno ho programmato con 4 amici la scalata alla Cima Grava, una superba vetta di una valle semi-sconosciuta (ma selvaggia e vera) dell'Alto Adige, pochissimo frequentata per la durezza del percorso. Si tratta di trekking, non arrampicata con le corde. Non c'è rifugio in cima quindi si deve tornare in giornata (motivo della scarsissima frequentazione), il dislivello complessivo tra salita e discesa è di circa 3500 metri, la lunghezza poco più di 20 km. Qualcuno di voi molto allenato sorriderà: non stiamo parlando del Nanga Parbat. Ma tutto è relativo, quindi considerando che ho fiato per correre non oltre 5 minuti, che ho 17 kg in eccesso, che lo zaino peserà circa 10 kg, che oltre i 2500 mi gira la testa per la quota (arriveremo a 3054) e che mancano soli 85 giorni, la sfida ha una sua dignità.
Terrò un diario a partire da domattina sulla preparazione alla sfida, spero di riuscire a farne un mini blog da qualche parte per, perlomeno, essere utile a qualcuno nelle mie condizioni. Se riuscirò a procedere negli allenamenti, al Polenta Open non sarà semplice battermi. Ora come ora, non credo proprio di passare il turno nemmeno col più scarso, potete tranquillamente valutarmi 3.0.
Scusate la lunga lenzuolata, ma qui leggo persone stimolanti e quindi mi sono permesso di esprimere questo progetto per me importante.
Mi sono procurato 11 tra stiramenti e strappi ai muscoli del retto femorale (sia dx che sx), problemi agli adduttori (una volta), cuffia dei rotatori (1 volta) e distrazione seria all'indice dopo uno smash col risultato di 7 mesi di stop. Mia moglie mi dice ogni volta di andare a palleggiare e di non fare partite. Dal mio punto di vista il palleggiare è movimento fisico come può esserlo pilates, nordic walking, biciclettata, eccetera. Lo sport presuppone l'agonismo, punto e stop. Ovviamente il movimento fisico ha per me lo stesso appeal della minestrina calda sciapita e condita col dado. Lo sport è un piatto di Fiorentina come Dio comanda.
Il tennis mi svaga e rinfranca la mente, se devo appiopparci tutto un programma di sciapiti esercizi fisici di preparazione, non è più un piacere anche perchè avrei bisogno di almeno due mesi di preparazione atletica con 3 sedute a settimana e dieta per perdere almeno la metà del sovrappeso. I saggi che sono tra voi bene argomenteranno che per ottenere il massimo godimento bisogna soffrire prima. Vero, verissimo. Solo che la sofferenza per quello che dovrebbe essere il settore di "svago" non riesco a preventivarlo. Come tutti c'è da sfangarla ogni giorno con i problemi di lavoro, famiglia e cavoli vari....non mi dilungo in queste ovvietà.
In questo scenario deprimente (so che siete gentiluomini e non direte la verità, ovvero che sono di carattere debole) ho un pregio che è la creatività, una creatività istintiva che spesso mi ribalta le situazioni negative. Sono stato molto colpito da un libro di Walter Bonatti ("I miei ricordi - Scalate al limite del possibile) che consiglio a tutte le persone che amano ricercare dentro se stessi motivazioni e ispirazioni. Ho sempre amato l'alta montagna anche se col fisico che vi ho descritto non ho mai potuto fare arrampicate memorabili. Ma oggi, dopo un'ispirazione avvenuta l'estate scorsa sul luogo, parte una mia avventura "Al limite del possibile", ovviamente del mio possibile.
L'ultimo week-end di giugno ho programmato con 4 amici la scalata alla Cima Grava, una superba vetta di una valle semi-sconosciuta (ma selvaggia e vera) dell'Alto Adige, pochissimo frequentata per la durezza del percorso. Si tratta di trekking, non arrampicata con le corde. Non c'è rifugio in cima quindi si deve tornare in giornata (motivo della scarsissima frequentazione), il dislivello complessivo tra salita e discesa è di circa 3500 metri, la lunghezza poco più di 20 km. Qualcuno di voi molto allenato sorriderà: non stiamo parlando del Nanga Parbat. Ma tutto è relativo, quindi considerando che ho fiato per correre non oltre 5 minuti, che ho 17 kg in eccesso, che lo zaino peserà circa 10 kg, che oltre i 2500 mi gira la testa per la quota (arriveremo a 3054) e che mancano soli 85 giorni, la sfida ha una sua dignità.
Terrò un diario a partire da domattina sulla preparazione alla sfida, spero di riuscire a farne un mini blog da qualche parte per, perlomeno, essere utile a qualcuno nelle mie condizioni. Se riuscirò a procedere negli allenamenti, al Polenta Open non sarà semplice battermi. Ora come ora, non credo proprio di passare il turno nemmeno col più scarso, potete tranquillamente valutarmi 3.0.
Scusate la lunga lenzuolata, ma qui leggo persone stimolanti e quindi mi sono permesso di esprimere questo progetto per me importante.