una vita da bum-bum
Boris Becker compie 44 anni.
Grande campione sul campo, autore di una vita piuttosto confusa fuori, il tedesco ha vinto forse meno di quanto avrebbe potuto, ma ha scritto pagine indelebili nella storia del tennis
Per celebrare il festeggiato di oggi, dobbiamo forzatamente tornare indietro con la memoria fino al 7 luglio 1985. Sui sacri prati di Londra era in corso la 99esima edizione dell’appuntamento tennistico più prestigioso del mondo. Di fronte, per l’atto conclusivo della manifestazione, si trovavano opposti il capellone americano Kevin Curren, esperto di serve-and-volley e ottava testa di serie, ed un diciassettenne biondone tedesco tutto muscoli e grinta che rispondeva al nome di Boris Becker. Fuori dal seeding dei favoriti, Becker quel giorno completò la sua inaspettata cavalcata trionfale, battendo Curren in 4 combattuti set, e finendo per diventare il giocatore più giovane della storia ad alzare al cielo il trofeo dei Championships, record ancor oggi ineguagliato.
“’Sta mano po’ èsse fèro e po’ èsse piuma” (trad. it. “Questa mano può essere dura come il ferro e delicata come una piuma”). Da quel successo improvviso, la carriera del tennista di Leimen è definitivamente esplosa: da allora e per i successivi 14 anni, Becker sarà un protagonista indiscusso dei palcoscenici tennistici di tutto il mondo, e per tutti diventerà “Bum-Bum”. Questo soprannome non è mai troppo piaciuto al Nostro, ed in realtà, preso troppo alla lettera, rischia di essere riduttivo rispetto alle sue qualità. Certamente, soprattutto all’inizio della sua storia tennistica, la potenza dei colpi e la terribile frustata del suo servizio sono stati il biglietto da visita che più ha impressionato il grande pubblico, ma, a ben guardare, non si poteva fare a meno di notare che, quel braccio destro così simile ad un bazooka, poteva all’occorrenza trasformarsi in un delicato fioretto, in grado di toccare la palla in modo estremamente delicato.
Il primo tennista contemporaneo. Un bagaglio tecnico completo quello di Becker che, in affanno se costretto in difesa a causa della sua mole notevole, ha cercato per tutta la vita di comandare il gioco, dettare i tempi ed il ritmo degli scambi da fondo, presentandosi di frequente a rete dove sapeva, lui che da bambino era stato un bravo calciatore, “parare” come pochi, ricorrendo spesso tuffi acrobatici che sono un po’ diventati il suo marchio di fabbrica. Queste caratteristiche tecniche hanno fatto di Becker il prototipo del tennista contemporaneo, che, invece di vivere in modo traumatico il passaggio al jet-tennis, lui che pure aveva cominciato con le vecchie racchette di legno, l’ha in qualche modo guidato, senza bisogno di adattarsi o snaturarsi più di tanto. Quando c’era da picchiare duro, sia che il suo avversario si chiamasse Lendl, Connors, Edberg, Agassi o Sampras, lui non si tirava indietro. Mai.
Carisma e successi. Becker, inoltre, era in possesso di una grande personalità in campo. Sapeva essere protagonista e esternava le sue sensazioni. Un abisso, da questo punto di vista, lo separava da due dei suoi più grandi rivali, Edberg e Sampras, che erano entrambi chiusi e impenetrabili. Da questo punto di vista fu in qualche modo più vicino ad Andre Agassi, con il quale infatti non ebbe mai rapporti idilliaci. Scoperto da Niki Pilic, svezzato da Bob Brett e Ion Tiriac e resuscitato, nella parte finale della sua carriera, da Nick Bollettieri, Becker con il suo stile e il suo carisma fece innamorare milioni di appassionati in tutto il mondo e, in termini di palmares, riuscì a mettere in bacheca un totale di 49 tornei del circuito maggiore in singolare, tra cui sei Slam.
Il “suo giardino” e gli altri Slam. Particolarmente a proprio agio negli appuntamenti indoor (30 titoli su 49!), Boris instaurò un rapporto tutto particolare con Wimbledon. Il torneo che lo aveva fatto conoscere al grande pubblico ebbe sempre un posto speciale nel suo cuore, tanto che, da metà degli anni ’80 e metà dei ’90, egli considerò il Centre Court il “giardino di casa”. In effetti Becker giocò sette delle dieci finali Slam raggiunte complessivamente proprio ai Championships (tra l’altro quattro consecutive), vincendone tre (’85, ’86 e ’89) e perdendone quattro (’88, ’90, ’91 e ’95). Degne di nota sono le tre sfide consecutive disputate contro Edberg tra il 1988 e il 1990 e l’ultima, quella del passaggio di consegne ufficiali con Pete Sampras nel 1995. Per il resto “Bum-Bum” ottenne un successo allo US Open in finale su Lendl nel 1989, suo anno di grazia durante il quale conquistò anche la sua seconda Davis, e due importanti affermazioni in Australia: la prima, nel 1991 su Ivan Lendl, gli consentì di agguantare per la prima volta in carriera la vetta della classifica ATP, la seconda, nel 1996 su Chang, fu invece il suo ultimo successo in un Major.
Terra amara. Per tre volte vincitore del Masters (’88, ’92 e ’95), mai, invece, il ragazzo di Liemen è riuscito a conquistare un torneo sulla terra battuta. Non che non ci sapesse fare, intendiamoci: Boris era cresciuto sul rosso e quando un tennista raggiunge sei volte la finale (tra l’altro per cinque volte in tornei molto importanti come Montecarlo, tre volte, Roma e Amburgo), ed è per tre volte semifinalista al Roland Garros, vuol dire che potrebbe tranquillamente vincere anche sul lento. Il problema è che, nell’atto conclusivo, c’è stata sempre qualche cosa che non ha girato per il verso giusto: un avversario più attrezzato per la superficie (Bruguera, Corretja), un rivale troppo in forma (Sampras), o anche la sorte. A Montecarlo nel 1995 Becker, giocando un match straordinario, si era portato in vantaggio di due set su un Thomas Muster provato. Conquistò anche due match-point nel quarto set. Ma, sciupatone uno con un doppio fallo rischiatutto a 200km/h, al quinto finì per cedere di schianto ad un avversario improvvisamente risuscitato.
I grandi match. Oltre a quello monegasco, tanti altri sono stati gli incontri da ricordare che hanno visto protagonista il Nostro. A noi piace citarne tre. Il primo è la finale del Masters 1988, quando Becker superò Lendl, suo acerrimo rivale, solo dopo quasi cinque ore di lotta, grazie ad un nastro beffardo conquistato proprio sul match-point del tie-break decisivo. Un altro ci riguarda da vicino. È il terzo turno dell’Australian Open e Becker, sulla strada che lo porterà alla conquista del titolo e della prima posizione mondiale, dovette stare in campo per più di cinque ore contro il nostro Omar Camporese particolarmente ispirato. Una battaglia indimenticabile conclusa solo per 14-12 al quinto parziale. Infine, la finale delle ATP Finals 1996. Becker, campione uscente e forte del pubblico di casa, disputò un match meraviglioso tenendo testa al numero uno del mondo Pete Sampras fino al tie-break del quinto prima di uscire battuto.
La vita non è un gioco. O forse sì? Appassionato di scacchi e semi-professionista di poker, Becker è sempre stato un tipo piuttosto tormentato, ma mai si poteva sospettare che la sua vita privata fosse stata così convulsamente vivace. Sposato dal 1993 con la modella di colore Barbara Feltus, dopo essere stato condannato per evasione fiscale, Boris divorziò dalla moglie nel 2000 quando venne fuori la storia di un figlio illegittimo avuto da una relazione extraconiugale. Da allora Boris ha confessato una serie di storie e storielle con diverse ragazze (di solito modelle). Nel 2004, inoltre, è uscita la sua biografia, “Player” nella quale il campione tedesco ha ammesso di essere stato dipendente da alcool e pillole in alcuni momenti della sua carriera. Dal suo ritiro avvenuto nel 1999 di tennis Boris ne ha giocato poco. Oggi ha tre figli e, dopo aver mollato ad un passo dall’altare la splendida modella Sandy Meyer, sedici anni più giovane di lui, si è risposato con Sharley Kerssenberg, una sua vecchia fiamma, nel 2009. Come a dire: per trovare la propria strada nella vita, non basta saper fare la volée.
T.it (n.d.r.)