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Il tennis a tempo, per il momento, ce lo siamo scampati. «Le televisioni ci avevano chiesto di imporre una durata massima di un’ora e mezzo ai match», ammette Kris Kermode, il direttore esecutivo dell’Atp. «Ma non ci è sembrata una buona idea». Applausi. Per il resto prepariamoci ad un cambiamento epocale, anche se sarà soft e non immediato. Alle Next Gen Finals del prossimo novembre, il Masters under 21 che si giocherà alla Fiera di Milano fra i migliori 8 giovani del mondo, verrà sperimentata tutta una serie di novità sul piano regolamentare già introdotte a livello di esibizioni ma che per la prima volta verranno adottate in una competizione ufficiale. 


Si giocherà al meglio dei tre set su cinque, ma con set che dureranno 4 game e non 6 come oggi (con il tie-break sul 3-3) e con game senza vantaggi (come nella pallavolo). Non si ripeterà più il servizio che colpisce il nastro – good morning, jella! - e gli allenatori potranno parlare con i giocatori durante il match (oggi è concesso solo fra le donne), ma senza entrare in campo, probabilmente con le cuffie per consentire la traduzione. Il riscaldamento sarà ridotto a 5 minuti, lo shot-clock, l’orologio-ghigliottina imporrà di rispettare rigorosamente i 25 secondi di pausa fra un punto e l’altro. Sarà possibile chiedere l’intervento del fisioterapista solo una volta e soprattutto – finalmente o purtroppo – il pubblico potrà entrare in campo e muoversi durante il gioco.  
 
Modello Formula 1  
Tutto più “fast”, veloce, drammatico, emozionante. Forse caotico. Il tennis cotto e mangiato, condito da una attenzione altissima per i social network, la Nuova Frontiera, il nuovo Eldorado. E per le storie, i risvolti umani: avete presente il minuscolo tifoso ferrarista diventato protagonista del Gp di Spagna di F1? Ecco. Perché, spiega Kermode, «tutti hanno una storia». La piccola, grande rivoluzione è stata presentata ieri a Roma, e Kermode specifica che non ci saranno procedure dittatoriali: passeranno l’esame solo le novità che piaceranno a giocatori, organizzatori, fans, tv e sponsor, e ovviamente alla Federazione internazionale (leggi: Grand Slam e Coppa Davis). Le altre saranno accantonate.  
 
Più libertà per i coach  
«Stiamo vivendo il miglior momento di sempre – dice Kermode – ma dobbiamo creare il pubblico del futuro, tutti gli sport devono farlo. Nei nostri mercati più tradizionali l’età media dei fan è di di 55 anni, in quelli nuovi 25-30. I più anziani mugugneranno? È la vita. Dobbiamo modernizzare, pensare ai clienti, non ha senso tenere fuori 20 minuti chi ha pagato un biglietto. A me personalmente il coach che interviene non piace affatto, ma non sono i nostri pareri che contano, ma quelli dei fan».  
 
Prepariamoci, senza preconcetti. Anche a passi ulteriori: «Alle tv interessa molto trasmettere il suono, la fisicità del tennis dal vivo, per questo vedremo sempre più telecamere, con la possibilità di scegliere le inquadrature». Sperando che in mezzo allo show resti anche un po’ di tennis.