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Argomento scomodo

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Promemoria primo messaggio :

Ho provato a cercare nel Forum ma non ho trovato nulla a riguardo, allora apro io un thread dedicato.

Era da un po' che volevo discuterne di questo, e il post sulle nuove scarpe ha dato il "la"  all'idea di aprire questa discussione che, immagino, molti troveranno anche scomoda, come da titolo, e fastidioso parlarne.

Allora, vengo subito al punto: sappiamo bene che le marche più conosciute e celebrate di attrezzature ed abbigliamento da tennis e sportivo in generale, producono i propri articoli in quei Paesi dove la manodopera è a prezzo basso, bassissimo, per non dire ridicolo, paragonato agli standard occidentali.
Qui, come in altri forum dedicati, facciamo un gran parlare, dibattere e disquisire su questo modello o su quell'altro, sulle caratteristiche, bontà, pregi e difetti, ma non so' quanto ci soffermiamo a pensare a come, dove, chi produce quelle belle cose che compriamo nei nostri negozi e sfoggiamo sui campi da tennis, e di cui discutiamo qui.
Quando abbiamo in mano un nuovo paio di scarpe, tutte ed avvenieristiche, fatte secondo le ultime scoperte, ammortizzate in maniera studiata, con i rinforzi qui e là, i materiali innovativi e il design favoloso....quanti si chiedono "si, ok, belle, ma QUALI MANI HANNO PRODOTTO QUESTE MERAVIGLIE?"
Quanto è stato pagato chi ha prodotto materialmente le mie bellissime scarpe da tennis, che io pago magari 150 o più euro? Quanti di questi finiscono in tasca a chi ci ha messo la faticva, l'impegno ed il tempo di farle, inchiodato alle macchine?
E, sopratutto, QUANTI ANNI AVEVA CHI LE HA PRODOTTE?
Non sarà che le mie belle Nike, tanto per fare un nome, le abbiano prodotte delle bimbe cambogiane di 10-12 anni, inchiodate alle macchine per 12 ore al giorno e magari anche lavorando di notte, in qualche specie di fabbrica-lager  nel profondo Sud del Mondo???
Vi  siete mai fatti queste domande, a parte soffermarvi sulle qualità e caratteristiche di ciò che usate e mettete addosso per giocare?
Non voglio "rovinarvi la festa", ma come detto, quando ho bisogno di qualcosa, preferisco comprare di marche le quali , nei limiti di quello che sono in grado di sapere, non utilizzano questi metodi di produzione.
Non a caso una buona parte di ciò che uso è addirittura usato o vintage (ho acquistato di recente 3 maglie degli anni 80) per cercare, nel mio piccolo e per quanto possibile, di sottrarmi nel collaborare con questo meccanismo perverso dei grandi gruppi industriali che sfruttano in maniera ignobile e criminale tante persone nelle zone povere del mondo, ricavandoci dei fatturati da capogiro.
Come dire, sarà una goccia nel mare, ma io, per quanto possibile, cerco di non aggiungerci anche la mia, per un principio morale ed etico.
A voi le repliche....

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Mio cugino, buonanima, era campione Triveneto ai tempi d'oro. Era di Agordo e le scarpe si compravano SOLO a Montebelluna!

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Ueh, vi siete spiegati: alcuna offesa per nessuno.

Quindi, dal momento che l'argomento è di spessore, parliamone volentieri. Non si sa mai che si possa arrivare a un "sentimento comune". Non è scritto da alcuna parte che un Forum Internet di tennis non possa fare cultura od opinione...

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alex8mm ha scritto:
riccardino ha scritto:

Il refrain "Ah io non compro Pinco perché sfrutta i bambini vietnamiti", così da solo, è un po' pochino se davvero si vuole essere costruttivi.



Vediamo un attimo.
Premessa: il Mondo  così com'è non mi piace. Il Mondo inteso come società "civile".
E' pieno di storture, di ingiustizie, crudeltà, egoismi e violenze di ogni genere.
Una di queste è approfittarsene dei più poveri e dei più deboli per arricchirsi, fabbricando ciò che nel tuo Paese ti costerebbe 10.  pagando il personale che te lo produce secondo il corrente costo della vita e legislatura in atto nel tuo Paese stesso, 1 in un Paese dove la vita costa molto meno e sfruttando la situazione di bisogno della popolazione locale (e facendo qualche accordo sporco sottobanco con chi comanda lì, ndr).
Allora, se io non sono a conoscenza di ciò, per me quello che viene venduto nei negozi è tutto uguale e giudico e compro solo in base alle mie esigenze, gusti e disponibilità economiche.
Se però dispongo di qualche informazione aggiuntiva, e so' che Pinco produce le sue scarpe facendo lavorare 12 ore al giorno ragazze cambogiane pagandole 50 cent al giorno, allora non sono più tutti uguali, per me: Pinco è  un figlio di puttana schifoso sfruttatore, e nel mio piccolo, le tue scarpe, prodotte in quel modo becero e senza scrupoli, ti restano nelle costole.
Le compro da qualcuno che, possibilmente, ha ancora gli stabilimenti di produzione nel nostro Paese.
Se poi nessuno produce più nel nostro Paese, cerco informazioni e vedo di comprarle ALMENO da qualcuno che, anche se non produce in Italia, non è mai stato, ad oggi, al centro di accuse di sfruttamento minorile come Pinco.
Questo è il mio metodo e schema di ragionamento.

Il problema che ci vedo è che ci sono aziende nel mirino (giustamente, spesso) e altre no.
Se aspetti di "venire a sapere" della notizia dello sfruttamento, il rischio è di sostituire un gigante sfruttatore con un piccolo sfruttatore.


Se domani scopro che anche questo, che credevo ancora in parte pulito, fa' lavorare anche lui i bambini di notte, non comprerò più le scarpe neanche da lui.
Questo è ciò che, da consumatore italiano, attualmente mi sento in grado di fare.
Se poi vuoi suggerire qualcosa di "ulteriormente costruttivo" ben felice di recepire consigli, ma alla fine, se ho bisogno di un paio di scarpe, dovrò pur comprarle da qualcuno. Se conosci qualche produttore che ancora ha gli stabilimenti in Italia e produce con manodopera italiana, ben contento di cambiare al prox acquisto.


I miei due eurocent.

La selezione andrebbe fatta con un criterio inclusivo, non esclusivo.
Non "non compro Canistracci Sport perché sfruttano i bimbi", ma "compro PiedeABanana Shoes perché so che non sfruttano i bimbi", così come sempre più spesso chi può decide di non acquistare frutta dalla grande distribuzione ma di rivolgersi direttamente al contadino.

Ovviamente, appena reperite queste informazioni di "produzione virtuosa" dovresti condividerle. Ti sorprenderebbe quanto sia efficace il passaparola quando proponi una soluzione "attiva" rispetto ad una scelta di boicottaggio.
Fondamentalmente, ci piace premiare i buoni molto più di quanto ci piaccia punire i cattivi.

E, visto che poni un problema etico, questo rientra perfettamente nella categoria... Smile

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Forse forse Diadora...

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Ziryab ha scritto:

In queste argomentazioni non mi pare di cogliere nulla di propositivo, ti sei limitato a cercare di smontare alcune delle posizioni di Alex, senza dargli nulla in cambio.

Non funziona così: se fai delle affermazioni che io posso contestare, non sono tenuto ad avere una controproposta per poter rendere note le mie affermazioni.
Altrimenti avremmo un sacco di trattati scientifici e filosofici in meno... Smile
Che poi ti piaccia di più la sua posizione, più che legittimo. E comprensibile.

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riccardino ha scritto:


La selezione andrebbe fatta con un criterio inclusivo, non esclusivo.
Non "non compro Canistracci Sport perché sfruttano i bimbi", ma "compro PiedeABanana Shoes perché so che non sfruttano i bimbi", così come sempre più spesso chi può decide di non acquistare frutta dalla grande distribuzione ma di rivolgersi direttamente al contadino.

Ovviamente, appena reperite queste informazioni di "produzione virtuosa" dovresti condividerle. Ti sorprenderebbe quanto sia efficace il passaparola quando proponi una soluzione "attiva" rispetto ad una scelta di boicottaggio.
Fondamentalmente, ci piace premiare i buoni molto più di quanto ci piaccia punire i cattivi.

E, visto che poni un problema etico, questo rientra perfettamente nella categoria... Smile


 Sicuramente e ti sottoscrivo, però è chiaro che, dal momento che scegli di comprare da un produttore "virtuoso" automaticamente punisci, non comprando più i loro prodotti, quelli cattivi.
E' solo un partire da una posizione leggermente diversa ma poi speculare alla mia.
Il problema è: dove sono i "PRODUTTORI VIRTUOSI", ancora? Sad

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I produttori virtuosi, a cercarli, credo ci siano... Il problema è che non tutti possono spendere 500 euro per un paio di scarpe fatte dall'artigiano del paesino sperduto tra i monti dell'Appennino per esempio...

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Quindi basta dire "tu sbagli"?

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alex8mm ha scritto:



 Sicuramente e ti sottoscrivo, però è chiaro che, dal momento che scegli di comprare da un produttore "virtuoso" automaticamente punisci, non comprando più i loro prodotti, quelli cattivi.

Sì, ma cambia il paradigma. E, visto che le aziende- squalo sono molto sensibili al profitto, potrebbero decidere di ripulire la loro immagine per riconquistare alcune fette di consumatori. È già successo in altri ambiti, può succedere anche qui.


E' solo un partire da una posizione leggermente diversa ma poi speculare alla mia.
Il problema è: dove sono i "PRODUTTORI VIRTUOSI", ancora? Sad


Be': tu hai posto il problema. Tocca a te iniziare a fare il cane da tartufi Very Happy
Scherzi a parte, una raccolta di testimonianze sui vari produttori sarebbe molto utile e sicuramente aiuterebbe chi non ha tempo e voglia di documentarsi.

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Ziryab ha scritto:
Quindi basta dire "tu sbagli"?


No. "Tu sbagli perché blablabla." Che non presuppone: "il modo giusto è invece blablabla."
Gli esempi si sprecano, in campi come questo.
Magari fosse semplice come analizzare uno swing...

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FedEx ha scritto:
I produttori virtuosi, a cercarli, credo ci siano... Il problema è che non tutti possono spendere 500 euro per un paio di scarpe fatte dall'artigiano del paesino sperduto tra i monti dell'Appennino per esempio...


Come mai negli outlet marchigiani trovi scarpe fatti da artigiani del luogo a prezzi da hard discount?
Pensi che quando Lotto e Diadora producevano in Italia costassero 1 milione di lire al paio?

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Stiamo parlando di scarpe o abbigliamento sportivo.....è tutti dico tutti fanno produrre in paesi dove la manodopera costa poco o niente.

Le aziende spesso fanno dei contratti che poi vengono subappaltati ad altri fornitori , e qui subentra il lavoro minorile.
Le grandi multinazionale si tappano gli occhi, perché in fin dei conti a loro va bene così , dovrebbero essere gli stati stessi a porre delle regole severe.

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rafapaul ha scritto:
Stiamo parlando di scarpe o abbigliamento sportivo.....è tutti dico tutti fanno produrre in paesi dove la manodopera costa poco o niente.


Anche le New Balance?
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Certo anche la new bilance.

Un quarto delle scarpe che vende negli usa vengono prodotte negli Usa , dove ha tre stabilimenti, un'altro stabilimento é in Inghilterra , ma la stragrande quantità viene prodotta in Asia.

Certo meglio che niente .

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Personalmente credo che non ci sia risposta a quanto riportato in questo post. Perché questo 3d cerca di analizzare una parte dell’economia politica, e sinceramente ci sono tante correnti e pensieri a riguardo che potremmo andare avanti all’infinito.

Ora, in Cina ci sono stato un paio di volte, e anche in altri paesi meno sviluppati all’interno dell’Europa. Sono talmente lontani dalla nostra concezione di vita, e a loro volta, sono talmente differenti come paesi, che se iniziassimo ad applicare i nostri modelli di vita, sinceramente compiremmo il primo grande errore.

Per mia coerenza, se credessi che tutto ciò che è made in Asia sia da evitare, allora mi chiederei dove sono prodotte le corde e le materie prime delle stesse; poi le racchette e le sue materie prime; poi le impugnature, etc, etc, etc.

Credo che se volessi avere uno stile di vita lontano dalle economie di scala, dalla produzione di massa e dalla globalizzazione, dovrei ripensare alla mia passione per il tennis.

Detto questo, appoggio Alex in una cosa: lui dice che cerca di informarsi, e questo è il principio che dovrebbe guidare ogni persona, ma ho l’impressione che il nostro mondo vada in un’altra direzione.

Io forse non sono informatissimo sui comportamenti di tutte le marche che ho acquistato, ma ho avuto l’occasione di andare in Asia, e sono appena tornato dalla Romania; posso dire di essere portato a pensare che alcune aziende definite sfruttatrici possano però rappresentare lo sviluppo di quelle zone. La Cina oggi è una potenza mondiale; molti Cinesi hanno iniziato a viaggiare, hanno studiato all’estero, perché rappresentano lo sviluppo del loro paese. Molti di loro lavorano per aziende americane o europee. Questo è sviluppo di una cultura, questa la definisco crescita; è questa anche la nostra storia. Non possiamo cambiare noi Europei il modello economico Asiatico, noi che siamo alle prese con una discussione su come gestire la non gestione della nostra politica monetaria centrale; gli europei dovrebbero dare la possibilità agli altri paesi di vedere un modello differente dal loro, e di trarre esperienza per i loro cambiamenti.

Tornando a me consumatore devo essere attento a ciò che acquisto: prima di tutto per la mia salute personale, quindi delle persone che mi stanno vicino. Rifiutare prodotti di cui non si conosce la provenienza è prima di tutto una scelta personale. Poi, posso bandire dalle mie scelte quelle aziende che non condividono la mia cultura personale; esiste l’altromercato, esiste un mondo commerciale etico, ma purtroppo non esiste per tutto.

Rivedere le nostre scelte di consumo sarebbe per lo meno lungimirante, ma purtroppo non esiste l’economia collettiva, se non si passa attraverso la scelta di massa.

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riccardino ha scritto:
Ziryab ha scritto:
Quindi basta dire "tu sbagli"?


No. "Tu sbagli perché blablabla." Che non presuppone: "il modo giusto è invece blablabla."
Gli esempi si sprecano, in campi come questo.
Magari fosse semplice come analizzare uno swing...


Evidentemente non ci troveremo mai d'accordo ^_^

Per me non esiste "TU SBAGLI perché bla bla bla" ma "non la vedo come te e il mio parere è bla bla bla", che per me equivale a mettersi sullo stesso piano e discutere mettendo in conto la possibilità di cambiare se non del tutto anche in parte, le proprie opinioni.
Però la chiudo quà se no sembro un feticista dell'ultima parola.

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CorriCorrado ha scritto:

Ora, in Cina ci sono stato un paio di volte, e anche in altri paesi meno sviluppati all’interno dell’Europa. Sono talmente lontani dalla nostra concezione di vita, e a loro volta, sono talmente differenti come paesi, che se iniziassimo ad applicare i nostri modelli di vita, sinceramente compiremmo il primo grande errore.

Detto questo, appoggio Alex in una cosa: lui dice che cerca di informarsi, e questo è il principio che dovrebbe guidare ogni persona, ma ho l’impressione che il nostro mondo vada in un’altra direzione.

Io forse non sono informatissimo sui comportamenti di tutte le marche che ho acquistato, ma ho avuto l’occasione di andare in Asia, e sono appena tornato dalla Romania; posso dire di essere portato a pensare che alcune aziende definite sfruttatrici possano però rappresentare lo sviluppo di quelle zone. La Cina oggi è una potenza mondiale; molti Cinesi hanno iniziato a viaggiare, hanno studiato all’estero, perché rappresentano lo sviluppo del loro paese. Molti di loro lavorano per aziende americane o europee. Questo è sviluppo di una cultura, questa la definisco crescita; è questa anche la nostra storia. Non possiamo cambiare noi Europei il modello economico Asiatico, noi che siamo alle prese con una discussione su come gestire la non gestione della nostra politica monetaria centrale; gli europei dovrebbero dare la possibilità agli altri paesi di vedere un modello differente dal loro, e di trarre esperienza per i loro cambiamenti.

Rivedere le nostre scelte di consumo sarebbe per lo meno lungimirante, ma purtroppo non esiste l’economia collettiva, se non si passa attraverso la scelta di massa.


 Caro Corrado, hai anticipato un intervento che stavo postando io sul medesimo concetto.
Ho lasciato nella citazione i passaggi a mio avviso più significativi.

Io lavoro per una multinazionale che produce in tutto il mondo e nel nostro caso non lo fa per costo della mano d'opera ma per produrre LOCALMENTE generi alimentari. 

NO-LOGO e l'ondata conseguente di circa 15 anni fa sono stati passaggi a mio avviso fondamentali per sensibilizzare il mondo su un problema vero, ma come spesso accade si tende a fare di tutta l'erba un fascio.

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CorriCorrado ha scritto:
Personalmente credo che non ci sia risposta a quanto riportato in questo post. Perché questo 3d cerca di analizzare una parte dell’economia politica, e sinceramente ci sono tante correnti e pensieri a riguardo che potremmo andare avanti all’infinito.

Ora, in Cina ci sono stato un paio di volte, e anche in altri paesi meno sviluppati all’interno dell’Europa. Sono talmente lontani dalla nostra concezione di vita, e a loro volta, sono talmente differenti come paesi, che se iniziassimo ad applicare i nostri modelli di vita, sinceramente compiremmo il primo grande errore.

Per mia coerenza, se credessi che tutto ciò che è made in Asia sia da evitare, allora mi chiederei dove sono prodotte le corde e le materie prime delle stesse; poi le racchette e le sue materie prime; poi le impugnature, etc, etc, etc.

Credo che se volessi avere uno stile di vita lontano dalle economie di scala, dalla produzione di massa e dalla globalizzazione, dovrei ripensare alla mia passione per il tennis.

Detto questo, appoggio Alex in una cosa: lui dice che cerca di informarsi, e questo è il principio che dovrebbe guidare ogni persona, ma ho l’impressione che il nostro mondo vada in un’altra direzione.

Io forse non sono informatissimo sui comportamenti di tutte le marche che ho acquistato, ma ho avuto l’occasione di andare in Asia, e sono appena tornato dalla Romania; posso dire di essere portato a pensare che alcune aziende definite sfruttatrici possano però rappresentare lo sviluppo di quelle zone. La Cina oggi è una potenza mondiale; molti Cinesi hanno iniziato a viaggiare, hanno studiato all’estero, perché rappresentano lo sviluppo del loro paese. Molti di loro lavorano per aziende americane o europee. Questo è sviluppo di una cultura, questa la definisco crescita; è questa anche la nostra storia. Non possiamo cambiare noi Europei il modello economico Asiatico, noi che siamo alle prese con una discussione su come gestire la non gestione della nostra politica monetaria centrale; gli europei dovrebbero dare la possibilità agli altri paesi di vedere un modello differente dal loro, e di trarre esperienza per i loro cambiamenti.

Tornando a me consumatore devo essere attento a ciò che acquisto: prima di tutto per la mia salute personale, quindi delle persone che mi stanno vicino. Rifiutare prodotti di cui non si conosce la provenienza è prima di tutto una scelta personale. Poi, posso bandire dalle mie scelte quelle aziende che non condividono la mia cultura personale; esiste l’altromercato, esiste un mondo commerciale etico, ma purtroppo non esiste per tutto.

Rivedere le nostre scelte di consumo sarebbe per lo meno lungimirante, ma purtroppo non esiste l’economia collettiva, se non si passa attraverso la scelta di massa.


Lo so' che l'argomento è infinitamente più complesso che la semplice scelta di un paio di scarpe per motivi etici.
Però questo non mi impedisce di ragionare e fare le mie considerazioni, ovviamente viste dalla mia parte.

Intanto, il fatto che Cina ecc, abbiano altri "modelli di vita" non significa che io debba automaticamente accettarli, farli miei o condividerli...sopratutto se, a causa di quei modelli di vita, qui  abbiamo perso ormai la stragrande maggioranza delle nostre sedi produttive, dove un tempo non lontano lavoravano migliaia e migliaia di persone, in condizioni certamente migliori di quelle a cui fanno lavorare i loro connazionali le aziende cinesi, cambogiane, romene, ecc...
Certo che so' dove sono prodotte un'infinità di cose che abbiamo tutti: quelli ci hanno fregato tutta la produzione, ormai....vendendo i loro figli, facendoli lavorare come schiavi o lavorando loro stessi come schiavi....non è una colpa, beninteso, perchè tra il morire di fame in qualche cascina nello Xiangciù ed avere almeno il riso assicurato giornalmente pur lavorando 12 ore al giorno come gli schiavi, lo sò che è umano scegliere il meno peggio.
Ma proprio per questo che è una POLITICA PRODUTTIVA IGNOBILE E SCHIFOSA che io la rigetto!
Io voglio, nel mio piccolo, piccolissimo, cercare di partecipare il meno possibile a questo stato di cose!
Perchè gioco con una Yamaha di 20 anni fa' e uso roba degli anni '80?
Sarà poco o addirittura niente, lo so'....ma a livello personale è meglio quel poco, per me, che  chiudere gli occhi e pensare solo alle caratteristiche tecniche di questa scarpa o di quell'altra, come qualcuno qui mi ha suggerito nemmeno tanto velatamente di fare.

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alex8mm ha scritto:
Perchè gioco con una Yamaha di 20 anni fa' e uso roba degli anni '80?


 Giochi in moto?!? Ma sei un fenomeno allora!

affraid era per sdrammatizzare... Wink

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johnnyyo ha scritto:
alex8mm ha scritto:
Perchè gioco con una Yamaha di 20 anni fa' e uso roba degli anni '80?


 Giochi in moto?!? Ma sei un fenomeno allora!

affraid era per sdrammatizzare... Wink


 Eccola, la mia "moto".

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E delle palline Pirelli bianche in scatola di cartone?

p.s. belle le Yamaha... Pensa che il progettista di quella racchetta ha fatto seppuku perché era meno venduta della Babolat. Tutti noi lo abbiamo sulla coscienza!

Very Happy

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kingkongy ha scritto:
E delle palline Pirelli bianche in scatola di cartone?

p.s. belle le Yamaha... Pensa che il progettista di quella racchetta ha fatto seppuku perché era meno venduta della Babolat. Tutti noi lo abbiamo sulla coscienza!

Very Happy



Le Pirelli non le ho, ma ho...queste....e ci gioco pure, ogni tanto, specie sull'erba sintetica, perché si vedono molto meglio di quelle gialle!


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fantastiche!

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..la Wilson se le farà fare da qualche fabbrica nel Laos, pagando i bambini con qualche caramella al giorno, immagino....anche queste Argomento scomodo - Pagina 2 325191

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kingkongy ha scritto:
E delle palline Pirelli bianche in scatola di cartone?

p.s. belle le Yamaha... Pensa che il progettista di quella racchetta ha fatto seppuku perché era meno venduta della Babolat. Tutti noi lo abbiamo sulla coscienza!

Very Happy


Adesso voglio sapere chi gli ha tagliato la testa però ^_^
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