La corsa di Bebe.
Sulle lame, con la fiaccola paraolimpica!
Bebe ci andrà di corsa. Sì, di corsa. Lei, amputata alle gambe, oltre le braccia, quando aveva 11 anni. Correrà. Con la fiaccola paralimpica, il sorriso bello dei suoi quindici anni, gli occhi profondi e felici che chi non li ha visti non può capire. Correrà. Con le sue protesi nuove, quelle lame sulle quali sta imparando, con un po’ di paura, simili a quelle dell’amico Oscar Pistorius. Correrà. Quel giorno di fine agosto, verso lo stadio Olimpico di Londra, all’apertura della Paralimpiade, portando la torcia.
“Sono proprio felice!”. A rappresentare i “Futuri Paralimpici” è stata scelta lei, dopo l’ondata di segnalazioni, email, articoli, che l’hanno fatta conoscere al Comitato Paralimpico Internazionale.
“Tedofora alla Paralimpiade! Ancora non ci posso credere. Non vi ringrazierò mai abbastanza”. Le parole di Bebe sul Corriere della Sera sono per tutti quelli che l’hanno sostenuta e aiutata, mandando oltre mille email a Bonn, sede del Comitato Paralimpico. “Overwhelming”, travolgente. Dal massimo organismo al mondo sullo sport per persone con disabilità, dove di atleti che sanno ispirare la vita hanno una certa conoscenza, è uscita questa parola quando si sono trovati davanti il ciclone Bebe. Quell’idea nata un po’ per caso (“Visto che non le hanno permesso di esserci come atleta, candidiamola a rappresentare i Futuri Paralimpici portando la torcia”), ha fatto breccia nel cuore e nella mente di molti. E’ l’altro aspetto meraviglioso di questa storia: quanta ispirazione sa dare Beatrice, il suo modo di affrontare la vita, la sua passione e quel sorriso che vale mille libri letti e mille parole dette? La risposta è solo in parte nella mobilitazione di questi giorni. Venuta anche dal maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, da quello sportivo per eccellenza, La Gazzetta dello Sport (Candido Cannavò, che degli atleti si innamorava, avrebbe scritto pensieri memorabili per lei…), dal giornale locale, La Tribuna di Treviso, che ha portato Bebe nelle case della sua terra. Nei suoi occhi si trova la voglia di Oscar Pistorius a 16 anni, di Jessica Long a 12, di Rudy Garcia Tolson a 10, di Francesca Porcellato a 15. Cliccate su Google per sapere chi sono ora.
Bebe ci sarà di corsa. Nel vero senso della parola. “A Rio, nel 2016, vorrei esserci a tirare di scherma, ma anche a correre nell’atletica”. Intanto comincia da Londra e dalla fiaccola. La sua prima volta con le lame per correre (della Otto Bock, una delle migliori aziende di protesi del mondo) è nel breve video qui sotto (e nel canale disabilità di Corriere.it), con i tecnici ortopedici (a loro deve molto, ecco perché sono anche nella foto del titolo), a dire: “Spettacolo”. Perché stare su quelle lame in fibra di carbonio è tutt’altro che facile. Lo si chieda a Giusy Versace, splendida sprinter paralimpica, che ha Londra come obiettivo. E la prima volta di Bebe è proprio uno ‘spettacolo’: “Avevo un po’ di paura, ma è divertente”.
Potenza di Oscar Pistorius e di quello che lui sa ispirare. E pensare che qualcuno, con la Iaaf in prima fila, voleva vietargli di correre verso le Olimpiadi: una persona senza gambe avvantaggiata nella corsa su persone con le gambe. A dirlo fa ridere più che sorridere, ma qualcuno ci credeva e ci crede ancora (chi vuole approfondire, legga qui). Non è così, ma anche fosse, francamente, non è il punto fondamentale: l’esempio di Oscar ha cambiato il modo di pensare la disabilità nel mondo e aperto le menti. Mi diceva Ruggero, il papà di Bebe: “Prima della malattia, non sapevo nemmeno che esistesse lo sport per persone con disabilità. E’ un mondo meraviglioso. E sono contento che Bebe sia fiera di farne parte”. Fiera. Stupendo e per alcuni stupefacente. Non per chi conosce lo sport paralimpico.
Bebe correrà, quel giorno di fine agosto, a Londra, su quelle lame che oggi le fanno un po’ paura. Ma non sarà sola.
E questa è la cosa più bella.
Corriere della Sera - Claudio Arrigoni (n.d.r.)