Alexandr Dolgopolov: le torture di un giovane genio Iniziano a mutare i giudizi sull´ucrainoInnovatore, creativo, sempre alla ricerca della partita perfetta attraverso un talento che gli permette di potersi esprimere ad alti livelli con una varietà di colpi, talvolta artistica, che pochi hanno nel circuito. Ma tali definizioni che sembrano perfette per dipingere un qualsiasi tennista, al contrario se vengono associate ad Alexandr Dolgopolov assomigliano ad un peso difficile da sopportare per questo giovane talento. Molti, troppi indizi iniziano ad essere più di una prova, ed un metro di giudizio che fino a qualche mese fa era concorde nell’affermare che con quel talento non si può che esplodere prima o poi, stanno lasciando il posto a dubbi e considerazioni sulla reale consistenza del 23enne ucraino.
Incurante delle situazioni, con un agonismo paragonabile ad un sobbollire di fiamma piuttosto che titolare di un sacro fuoco, ha intrapreso un trend di risultati negativo iniziato nella seconda parte della scorsa stagione e confermato in quello in corso, allontanandolo dalla via della maturità tennistica, considerando che stiamo parlando di un atleta giovane ma non più giovanissimo che conta nella propria bacheca solo un unico torneo, privo di storia e competitività come Umago. L’ultima sconfitta, patita nel primo turno di Dubai, contro il coetaneo Del Potro, ha messo in evidenza un paragone ormai improprio con l’argentino e portato alla luce, rimarcandolo, il vero significato di quali qualità e competitività debba aver un campione seppur ancora giovane per essere considerato realmente tale.
Con radici sportive, mamma ginnasta campionessa europea, e padre insegnante di tennis, il ragazzo ha preso in mano la sua prima racchetta a 3 anni, trascorrendo gran parte della propria infanzia tra l’aria dei circuiti e dei migliori professionisti del passato, che come quelli odierni sembrano ammirarlo ma poi gli presentano immediatamente il conto. Slice, topspin, drop shots, lobs, con la sua caratteristica di un servizio che non ammette pause, insinuano il dubbio che siano fini a se stessi, soprattutto se non ti chiami Federer, e se a questi colpi a causa di un fisico atleticamente non eccelso non abbini la potenza di un Nadal o la concretezza di un Djokovic. Parafrasando il commento di un anonimo allenatore agli Us Open dello scorso anno “le partite di Dolgopolov non vanno perse, ma non dubitare che alla fine probabilmente ti deluderà”.
TWI (n.d.r.)