Qualche giorno fa per togliermi un dubbio ho chiesto ad un amico con cui giocavo ai tempi del liceo, lui agonista vero, io agonista amatoriale all'epoca, come lui facesse a scegliere le racchette. Bene mi ha risposto che non si faceva dire il peso o il bilanciamento perché non gl’interessava, piuttosto impugnava la racchetta e mimava i colpi a vuoto per valutare la manovrabilità. Mi ha confermato che tutt’ora fa così.
Ricordo pure che ai nostri tempi una racchetta durava parecchio e, se si perdeva una partita, la colpa non era della racchetta o della corda ma nostra, probabilmente il nostro impegno non era stato il massimo.
Molti di noi hanno iniziato a giocare con le racchette di legno altri da un decennio, altri ancora da poco, più recentemente, ma tutti ci lamentiamo del fatto che ci troviamo bene con una racchetta piuttosto che con un'altra finché non c’invaghiamo dell’ultima arrivata o di quella che promette prestazioni eccezionali quasi giocasse da sola.
Ma la racchetta non “agisce” staccata dal corpo ed in autonomia. La racchetta “deve essere” il naturale prolungamento del braccio di un tennista, si deve creare una simbiosi che induca a percepire e gestire il colpo in qualunque situazione. E la simbiosi si crea con la "fedeltà".
Quindi, se cambiamo continuamente racchetta, come facciamo a creare questa simbiosi?
È assodato che noi tennisti siamo tutti fondamentalmente dei “fedifraghi”, il gioco che ci piace di più non è il tennis ma il testare il maggior numero di telai e corde possibile.
Per cui la domanda sorge spontanea (lasciando per un attimo andare la nostra racchettite o cordite che sia): non giocheremmo molto meglio se restassimo “fedeli” allo stesso telaio piuttosto che cambiare continuamente, rischiando infortuni e con un pessimo rendimento sul nostro tennis?
Sono curioso dei vostri commenti. Grazie
Ultima modifica di Alessandro il Lun 16 Mar 2020 - 11:53 - modificato 1 volta. (Motivazione : Formattazione del testo (Ricordare di usare tasto destro e "Incolla senza formattazione"))
Ricordo pure che ai nostri tempi una racchetta durava parecchio e, se si perdeva una partita, la colpa non era della racchetta o della corda ma nostra, probabilmente il nostro impegno non era stato il massimo.
Molti di noi hanno iniziato a giocare con le racchette di legno altri da un decennio, altri ancora da poco, più recentemente, ma tutti ci lamentiamo del fatto che ci troviamo bene con una racchetta piuttosto che con un'altra finché non c’invaghiamo dell’ultima arrivata o di quella che promette prestazioni eccezionali quasi giocasse da sola.
Ma la racchetta non “agisce” staccata dal corpo ed in autonomia. La racchetta “deve essere” il naturale prolungamento del braccio di un tennista, si deve creare una simbiosi che induca a percepire e gestire il colpo in qualunque situazione. E la simbiosi si crea con la "fedeltà".
Quindi, se cambiamo continuamente racchetta, come facciamo a creare questa simbiosi?
È assodato che noi tennisti siamo tutti fondamentalmente dei “fedifraghi”, il gioco che ci piace di più non è il tennis ma il testare il maggior numero di telai e corde possibile.
Per cui la domanda sorge spontanea (lasciando per un attimo andare la nostra racchettite o cordite che sia): non giocheremmo molto meglio se restassimo “fedeli” allo stesso telaio piuttosto che cambiare continuamente, rischiando infortuni e con un pessimo rendimento sul nostro tennis?
Sono curioso dei vostri commenti. Grazie
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