(Post scritto di getto e ad alto tasso di frivolezza, non prendetemi troppo sul serio, mi raccomando)
Mi sono chiesto spesso cosa scatta nella mente di un appassionato di così forte da portarlo ad affezionarsi in modo particolare ad uno sportivo e sono giunto alla conclusione che lo sport in sé, non ricopre il ruolo più rilevante in questo legame. Calcisticamente, ho osservato i seguaci delle tre squadre più titolate e sono giunto a certe conclusioni: lo juventino è determinato, a volte saccente, orientato ad un fine e desideroso di raggiungerlo a tutti i costi; calciopoli non ha scalfito la sua fede (in se stesso), l’ha rafforzata, come quella di chi è così testardo da non convincersi di avere torto, mai. Lo juventino parla da solo, è il compagno di banco che non ti faceva copiare alle superiori, quello che davanti all’xbox scaglia il joystick verso il televisore, che a tennis spacca le racchette in un impeto d’ira. Lo juventino può parlare perché è nella posizione di farlo, ma non lo vorresti ascoltare.
Il milanista è narcisista, se lo juventino non vuole sentire ragioni il rossonero non si pone domande. Il bel giuoco, i titoli in bacheca, il sorriso del presidente e le cravatte improbabili dell’A.D.; il milanista si muove in branco per vedere la partita e il più rumoroso è alla guida del gruppo. Il milanista cura il suo abbigliamento come il peggiore dei tamarri da autopista, il milanista ostenta, ma forse senza nemmeno sapere cosa. Il rossonero ha goduto nel veder giocare Gattuso perché finalmente il tifoso medio poteva rivedere se stesso, sanguigno e sgraziato, come perno di una squadra zeppa di Rui Costa, Kakà, Sheva e Seedorf. Al bar si parla dei fuoriclasse, ma al calcetto del martedì la maglia indossata è la numero otto. Anche oggi.
L’interista è quasi poetico: è il grunge con la sua folta schiera di loser, è una storta sillaba Montaliana che sa soltanto ciò che non vuole essere, è il mai vincente Partito Democratico, è un bipolare capace di sparire nei momenti di grama, abilissimo nell’aprire la bocca appena le cose si mettono bene, pronto a risprofondare nello sfottò generale. Il bello è che seppur gliene freghi poco del calcio, quando l’interista diventa attivo (cioè dopo 3 vittorie consecutive), soffre come un cane nel momento in cui viene smentito, prima di tornare a sbattersene totalmente del campionato. Ad oggi, l’interista è ancora sazio dal triplete, come chi si ritrova ad essersi laureato col massimo dei voti ed ora lavora in un ufficio che lo disgusta, ma se ne sbatte e si accontenta di alzare la testa una volta ogni tanto. L’interista è meglio di te, ma lo sa soltanto lui, e questo gli basta.
Tennisticamente la situazione è invece molto più curiosa, ci trovo più sfumature, e se il calcio mette in risalto il lato negativo di una persona, il tennis ne esalta più facilmente le caratteristiche positive. Credo che parte di questo sia dovuto al fatto che si tratta di uno sport individuale, non esistono le curve ed i tifosi in branco, l’immedesimazione è più semplice ed in caso di fallimento è impossibile scaricare la colpa su qualcun altro; forse è proprio per questo che tendiamo a sostenere ciò che di buono riusciamo ad individuare in un atleta.
Fa categoria a sé, quella parte di appassionati che non si professa tifoso ma sostiene di apprezzare il bello in tutte le sue forme, senza pregiudizi e preconcetti, senza tensioni da terza media ed aperta al dialogo. Ok, come è normale che sia, ogni tanto qualche preferenza affiora, ma rientra subito in un mare di obiettività e politicamente corretto.
Chi non sopporta il politicamente corretto è il tipico Roger fan, che vuole gridare a pieni polmoni la superiorità su tutto e tutti dell’elvetico, nessun compromesso ed il bello prima di tutto. Ciò che affascina il tifoso dello svizzero non è il suo tennis in sé, è quella sensazione di onnipotenza mista ad eleganza che rende Federer superiore a tutti sia dal punto di vista tecnico che estetico, riuscendo ad unire il tutto a risultati strepitosi: la vittoria del “come devono essere fatte le cose” davanti al “fine che giustifica i mezzi”. Il tifoso di Federer è un sognatore, è colui che non soltanto aspira alla perfezione, ma che l’ha raggiunta e che non ha nemmeno più bisogno delle ragione, è sufficiente l’istinto per compiere sempre la scelta giusta. L’accusa che si potrebbe muovere a questa categoria, è che non tutti hanno capito che per aspirare alla perfezione ci sia comunque bisogno di impegno da parte loro, e che la vittoria di 17 slam non è esclusivamente merito degli astri.
L’altro lato della medaglia è ovviamente il rivale numero uno di Federer, l’uomo che è riuscito diverse volte a far tornare “sulla terra” l’alieno rosso crociato: Rafa Nadal. Troppo facile parlare di come la sua abnegazione, il suo sacrificio e la sua tenacia siano d’esempio per molti, trovo che il nodo chiave per l’appassionato sia dato proprio da ciò che spesso rappresenta il capo d’accusa più ingombrante: un comportamento non sempre limpido unito ad una resistenza fisica sovrumana sono le armi preferite dei detrattori del maiorchino. L’aficionado respinge le critiche con fermezza, risponde con il sudore versato sul campo e la forza fisica e mentale necessaria per raggiungere risultati apparentemente fuori portata. La freddezza nei momenti decisivi, il prendere sempre la decisione giusta, il superare costantemente i propri ostacoli spostando l’asticella sempre un po’ più in su, lottando contro tutto, ma soprattutto contro se stessi.
Nole unisce invece doti di simpatico cazzaro ed eccezionale tennista, aspetti legati da proporzionalità inversa nel momento in cui i risultati sono cominciati ad arrivare, riducendo i comportamenti da istrione nel momento in cui si decide di fare sul serio. Manca qualcosa per raggiungere i primi due, ma il lato bonario del serbo compensa questa mancanza con semplice:”ho già dimostrato di potervi battere tutti, se anche mi prendo una pausa per fare il cretino, sappiate che sono al vostro livello, ma forse me la vivo meglio”.
L’unico problema sembra sorgere ora che la stagione su terra potrebbe essere un crocevia fondamentale per la sua carriera, sarà interessante vedere come reagirà mentalmente al verdetto del mattone tritato. C’è di buono che il tifoso ce la mette tutta per superare un ostacolo, ma il lato cazzaro renderà sicuramente meno spiacevole ogni eventuale delusione.
Agli altri rimangono le briciole, ma sono comunque degni di nota.
Il gigante buono Del Potro che potrebbe sfondare i muri a colpi di dritto ma è perseguitato da una dose industriale di sfiga.
Il Berdych che per quanto digiuno di grandi risultati, è comunque un signor tennista accompagnato da una Lady Berdych per cui molti arriverebbero a vendere la madre.
Chi spera nelle nuove leve come Dimitrov e Janowicz, ottimista per natura.
Chi ricorda che Ferrer non è soltanto uno che corre tanto, anche se ci vuole un po’ per capirlo.
Chi invece guarda con piacere gli estrosi Dolgopolov, Llodra, Stepanek etc. che non vinceranno mai niente, ma hanno dalla loro una follia unica e totalmente irrazionale.
Chi, in un impeto di campanilismo bonario, difende gli italiani in quanto tali.
Mi sta un po’ meno simpatico chi è ancorato a “il tennis oggi fa schifo, era meglio prima” perché lo vedo un po’ come il disfattista a tutti i costi che invece di mettersi in gioco, preferisce criticare standosene seduto in disparte.
Sicuramente avrò dimenticato qualcuno, come i vari Wawrinka, Tsonga, Gasquet etc., ma vabeh, magari un’altra volta…
Ah, ecco chi dimenticavo: Murray!
Boh, non so, io i tifosi di Murray non li ho mai capiti…
Mi sono chiesto spesso cosa scatta nella mente di un appassionato di così forte da portarlo ad affezionarsi in modo particolare ad uno sportivo e sono giunto alla conclusione che lo sport in sé, non ricopre il ruolo più rilevante in questo legame. Calcisticamente, ho osservato i seguaci delle tre squadre più titolate e sono giunto a certe conclusioni: lo juventino è determinato, a volte saccente, orientato ad un fine e desideroso di raggiungerlo a tutti i costi; calciopoli non ha scalfito la sua fede (in se stesso), l’ha rafforzata, come quella di chi è così testardo da non convincersi di avere torto, mai. Lo juventino parla da solo, è il compagno di banco che non ti faceva copiare alle superiori, quello che davanti all’xbox scaglia il joystick verso il televisore, che a tennis spacca le racchette in un impeto d’ira. Lo juventino può parlare perché è nella posizione di farlo, ma non lo vorresti ascoltare.
Il milanista è narcisista, se lo juventino non vuole sentire ragioni il rossonero non si pone domande. Il bel giuoco, i titoli in bacheca, il sorriso del presidente e le cravatte improbabili dell’A.D.; il milanista si muove in branco per vedere la partita e il più rumoroso è alla guida del gruppo. Il milanista cura il suo abbigliamento come il peggiore dei tamarri da autopista, il milanista ostenta, ma forse senza nemmeno sapere cosa. Il rossonero ha goduto nel veder giocare Gattuso perché finalmente il tifoso medio poteva rivedere se stesso, sanguigno e sgraziato, come perno di una squadra zeppa di Rui Costa, Kakà, Sheva e Seedorf. Al bar si parla dei fuoriclasse, ma al calcetto del martedì la maglia indossata è la numero otto. Anche oggi.
L’interista è quasi poetico: è il grunge con la sua folta schiera di loser, è una storta sillaba Montaliana che sa soltanto ciò che non vuole essere, è il mai vincente Partito Democratico, è un bipolare capace di sparire nei momenti di grama, abilissimo nell’aprire la bocca appena le cose si mettono bene, pronto a risprofondare nello sfottò generale. Il bello è che seppur gliene freghi poco del calcio, quando l’interista diventa attivo (cioè dopo 3 vittorie consecutive), soffre come un cane nel momento in cui viene smentito, prima di tornare a sbattersene totalmente del campionato. Ad oggi, l’interista è ancora sazio dal triplete, come chi si ritrova ad essersi laureato col massimo dei voti ed ora lavora in un ufficio che lo disgusta, ma se ne sbatte e si accontenta di alzare la testa una volta ogni tanto. L’interista è meglio di te, ma lo sa soltanto lui, e questo gli basta.
Tennisticamente la situazione è invece molto più curiosa, ci trovo più sfumature, e se il calcio mette in risalto il lato negativo di una persona, il tennis ne esalta più facilmente le caratteristiche positive. Credo che parte di questo sia dovuto al fatto che si tratta di uno sport individuale, non esistono le curve ed i tifosi in branco, l’immedesimazione è più semplice ed in caso di fallimento è impossibile scaricare la colpa su qualcun altro; forse è proprio per questo che tendiamo a sostenere ciò che di buono riusciamo ad individuare in un atleta.
Fa categoria a sé, quella parte di appassionati che non si professa tifoso ma sostiene di apprezzare il bello in tutte le sue forme, senza pregiudizi e preconcetti, senza tensioni da terza media ed aperta al dialogo. Ok, come è normale che sia, ogni tanto qualche preferenza affiora, ma rientra subito in un mare di obiettività e politicamente corretto.
Chi non sopporta il politicamente corretto è il tipico Roger fan, che vuole gridare a pieni polmoni la superiorità su tutto e tutti dell’elvetico, nessun compromesso ed il bello prima di tutto. Ciò che affascina il tifoso dello svizzero non è il suo tennis in sé, è quella sensazione di onnipotenza mista ad eleganza che rende Federer superiore a tutti sia dal punto di vista tecnico che estetico, riuscendo ad unire il tutto a risultati strepitosi: la vittoria del “come devono essere fatte le cose” davanti al “fine che giustifica i mezzi”. Il tifoso di Federer è un sognatore, è colui che non soltanto aspira alla perfezione, ma che l’ha raggiunta e che non ha nemmeno più bisogno delle ragione, è sufficiente l’istinto per compiere sempre la scelta giusta. L’accusa che si potrebbe muovere a questa categoria, è che non tutti hanno capito che per aspirare alla perfezione ci sia comunque bisogno di impegno da parte loro, e che la vittoria di 17 slam non è esclusivamente merito degli astri.
L’altro lato della medaglia è ovviamente il rivale numero uno di Federer, l’uomo che è riuscito diverse volte a far tornare “sulla terra” l’alieno rosso crociato: Rafa Nadal. Troppo facile parlare di come la sua abnegazione, il suo sacrificio e la sua tenacia siano d’esempio per molti, trovo che il nodo chiave per l’appassionato sia dato proprio da ciò che spesso rappresenta il capo d’accusa più ingombrante: un comportamento non sempre limpido unito ad una resistenza fisica sovrumana sono le armi preferite dei detrattori del maiorchino. L’aficionado respinge le critiche con fermezza, risponde con il sudore versato sul campo e la forza fisica e mentale necessaria per raggiungere risultati apparentemente fuori portata. La freddezza nei momenti decisivi, il prendere sempre la decisione giusta, il superare costantemente i propri ostacoli spostando l’asticella sempre un po’ più in su, lottando contro tutto, ma soprattutto contro se stessi.
Nole unisce invece doti di simpatico cazzaro ed eccezionale tennista, aspetti legati da proporzionalità inversa nel momento in cui i risultati sono cominciati ad arrivare, riducendo i comportamenti da istrione nel momento in cui si decide di fare sul serio. Manca qualcosa per raggiungere i primi due, ma il lato bonario del serbo compensa questa mancanza con semplice:”ho già dimostrato di potervi battere tutti, se anche mi prendo una pausa per fare il cretino, sappiate che sono al vostro livello, ma forse me la vivo meglio”.
L’unico problema sembra sorgere ora che la stagione su terra potrebbe essere un crocevia fondamentale per la sua carriera, sarà interessante vedere come reagirà mentalmente al verdetto del mattone tritato. C’è di buono che il tifoso ce la mette tutta per superare un ostacolo, ma il lato cazzaro renderà sicuramente meno spiacevole ogni eventuale delusione.
Agli altri rimangono le briciole, ma sono comunque degni di nota.
Il gigante buono Del Potro che potrebbe sfondare i muri a colpi di dritto ma è perseguitato da una dose industriale di sfiga.
Il Berdych che per quanto digiuno di grandi risultati, è comunque un signor tennista accompagnato da una Lady Berdych per cui molti arriverebbero a vendere la madre.
Chi spera nelle nuove leve come Dimitrov e Janowicz, ottimista per natura.
Chi ricorda che Ferrer non è soltanto uno che corre tanto, anche se ci vuole un po’ per capirlo.
Chi invece guarda con piacere gli estrosi Dolgopolov, Llodra, Stepanek etc. che non vinceranno mai niente, ma hanno dalla loro una follia unica e totalmente irrazionale.
Chi, in un impeto di campanilismo bonario, difende gli italiani in quanto tali.
Mi sta un po’ meno simpatico chi è ancorato a “il tennis oggi fa schifo, era meglio prima” perché lo vedo un po’ come il disfattista a tutti i costi che invece di mettersi in gioco, preferisce criticare standosene seduto in disparte.
Sicuramente avrò dimenticato qualcuno, come i vari Wawrinka, Tsonga, Gasquet etc., ma vabeh, magari un’altra volta…
Ah, ecco chi dimenticavo: Murray!
Boh, non so, io i tifosi di Murray non li ho mai capiti…