Dipartimento di Fisiopatologia Medica - Sapienza Università di Roma
( trattato di Fisiopatologia, tesi di laurea di "pinco pallino" all'Università la Sapienza di Roma - relatore "un amico tennista" )
L'omeostasi glicidica è la risultante di complesse interazioni tra numerose e diverse influenze ormonali, metaboliche e nervose che agiscono su differenti substrati per mezzo di attività enzimatiche specifiche.
Le fonti dalle quali deriva il glucosio circolante sono due: assorbimento dal tubo digerente e produzione a livello epatico. Nel continuo equilibrio tra utilizzazione periferica del glucosio e sua immissione in circolo, il fegato rappresenta l'organo chiave, capace di captare glucosio dal pool circolante e di immagazzinarlo sotto forma di glicogeno, di liberare glucosio in circolo dai depositi preformati, di sintetizzare lo zucchero a partire da molecole più piccole (gluconeogenesi)(fig.01).
Per alcuni organi e cellule, quali il cervello, la retina, la midollare del rene, i globuli rossi e i globuli bianchi, il glucosio rappresenta l'unico substrato utilizzabile. Il fabbisogno giornaliero imprescindibile di destrosio è nell'uomo adulto pari a circa 180g.
Il glucosio che entra nelle cellule viene trasformato in glucosio-6-fosfato, punto di partenza per tutte le successive vicende metaboliche intracellulari dello zucchero:
a. glicogenosintesi: formazione di glicogeno che rappresenta la forma di deposito dei carboidrati;
b. glicolisi con formazione di piruvato (due molecole di piruvato, per ogni molecola di glucosio);
c. ossidazione diretta attraverso la via dell'esosomonofosfato;
d. formazione di acido glucuronico;
e. formazione di esosamine e mucopolisaccaridi.
In ordine ad una schematizzazione del bilancio glicidico, tenendo conto che l'unica fonte di glucosio per l'organismo è rappresentata dagli alimenti, si possono distinguere due fasi principali:
a. fase (post)alimentare, che inizia subito dopo l'introduzione degli alimenti e termina quando la concentrazione dei substrati energetici è tornata ai valori precedenti l'ingestione di cibi;
b.fase del digiuno, che inizia quando termina la precedente e arriva fino alla introduzione di nuovi alimenti.
Nella prima fase, lo zucchero assorbito con gli alimenti, viene captato dalle cellule epatiche e immagazzinato sotto forma di glicogeno. Il principale stimolo alla glicogenosintesi epatica è rappresentato dall'aumento dei livelli di insulina circolanti, la cui secrezione da parte del pancreas endocrino è stimolata dai livelli ematici progressivamente crescenti di glucosio e aminoacidi. In questa fase, le concentrazioni epatiche di glicogeno variano da 20 a 80 g/kg di tessuto. Quando la captazione di glucosio da parte del fegato e la contemporanea utilizzazione periferica dello zucchero superano la quantità di esoso assorbita a livello intestinale, la glicemia tende a scendere ed ha inizio la seconda fase.
Nella fase del digiuno, la diminuzione dell'insulinemia e la contemporanea ipersecrezione di ormoni ad azione iperglicemizzante, quali il glucagone, le catecolamine, il cortisolo e il somatotropo, trasformano il fegato da un organo di captazione e deposito del glucosio ad un organo che lo produce e lo immette in circolo. La glicemia diventa così la risultante tra l'utilizzazione periferica di glucosio e la sua produzione epatica, quest'ultima rappresentata in diversa percentuale dalla glicogenolisi e dalla gluconeogenesi. La prima, ad es., rappresenta il 75% dell'output epatico di glucosio dopo 12 ore di digiuno, ma scende a meno del 10% dopo due giorni, in relazione al progressivo esaurimento delle scorte di glicogeno preformate.
Più lungo è l'intervallo di tempo intercorso dall'ultima assunzione di cibo, maggiore è il ruolo della gluconeogenesi nel mantenimento della omeostasi glicidica. La gluconeogenesi dipende strettamente da un adeguato apporto di substrati, e cioè aminoacidi (in particolare alanina), glicerolo, piruvato e lattato, che provengono dai processi di lipolisi e proteolisi. Anche in questa fase, il fattore ormonale più importante di regolazione è l'insulina, la diminuzione dei valori circolanti della quale - indotta dalla riduzione della glicemia- stimola la gluconeogenesi e favorisce la proteolisi e la lipolisi. Un ruolo certamente importante rivestono i glucocorticoidi, che favoriscono la gluconeogenesi e la liberazione di aminoacidi a livello muscolare, le catecolamine, il glucagone e l'ormone della crescita, nel loro insieme denominati "ormoni della controregolazione". Tra questi, il glucagone e l'adrenalina rispondono più prontamente degli altri e prima che la glicemia abbia raggiunto valori francamente ipoglicemici, raggiungono concentrazioni plasmatiche molto elevate e dipendenti dalla velocità di discesa della glicemia. In sostanza, la controregolazione non è un fenomeno con una soglia ben definita, ma una continua modulazione di secrezioni ormonali le concentrazioni ematiche delle quali sono inversamente correlate alla glicemia ed il cui fine è il mantenimento costante dei livelli glicemici, prevenendo prima che contrastando l'eventuale ipoglicemia.
Se appare evidente che l'ipoglicemia è un sintomo che si manifesta ogni qualvolta il continuo equilibrio tra produzione di glucosio e sua utilizzazione si sposta a favore di quest'ultima, è altrettanto chiaro che i meccanismi in grado di condurre all'ipoglicemia sono molteplici e differiscono in relazione alla fase (postalimentare e del digiuno) nella quale la stessa si manifesta.
Le ipoglicemie della fase postalimentare insorgono nel periodo di transizione in cui il fegato si deve trasformare da organo che capta e immagazzina glucosio a organo che produce e immette in circolo l'esoso. La loro causa va ricercata in una alterazione dell'equilibrio tra i diversi fattori che regolano le attività enzimatiche epatiche. Si tratta, in ogni caso, di disordini funzionali.
Le ipoglicemie della fase del digiuno si instaurano quando la produzione epatica di glucosio è minore della sua utilizzazione periferica. Le cause sono dunque da ricercare in un'inadeguata produzione dello zucchero e/o in una sua eccessiva utilizzazione. La prima può essere ricondotta ad una ridotta disponibilità di substrati, ad una ridotta funzionalità epatica, ad una alterazione dei fattori di regolazione; la seconda ad un'alterazione della bilancia ormonale o alla presenza di voluminosi tumori non endocrini che consumino elevate quantità giornaliere di glucosio.
La complessità e la molteplicità dei fattori omeostatici che presiedono al mantenimento di una glicemia costante e la pluralità delle loro azioni a diversi livelli e su diversi organi rendono ragione della frequenza con la quale si possono spesso riconoscere, alla base di una ipoglicemia manifesta, accanto alla causa principale, concause diverse che rappresentano spesso anche l'evento scatenante.
Sintomatologia
Il tessuto nervoso, ed in particolare il cervello, hanno bisogno di un continuo apporto di glucosio. Infatti, le scorte di glucosio e glicogeno a livello cerebrale sono pari a circa 0,5 mg/g di tessuto e sono sufficienti solo al fabbisogno energetico di qualche minuto. I sintomi a carico della sfera nervosa si manifestano nell'uomo quando la glicemia arteriosa è inferiore a 2,2 mmol/1 e sono generalmente i primi a comparire nel corso dell'ipoglicemia. In ogni caso, è necessario sottolineare come i sintomi dell'ipoglicemia siano estremamente multiformi, non specifici e non sempre presenti anche quando la glicemia sia oltremodo bassa. Il termine
neuroglicopenia indica l'evento biologico che si avvera quando l'apporto di carboidrati diventa inadeguato al fabbisogno della cellula nervosa.
La neuroglicopenia può manifestarsi in varia maniera: può essere acuta (il paziente cade in uno stato soporoso e finanche in coma nel giro di pochi minuti senza avvertire alcun segno premonitore), subacuta (il paziente permane in uno stato di sonnolenza senza perdere completamente conoscenza e rimane così anche per lungo tempo), cronica (più rara, si manifesta con cambiamenti di personalità e con manifestazioni psichiche complesse). Va anche aggiunto che un quadro neuroglicopenico può insorgere quando si sia verificata una brusca caduta dei livelli glicemici precedentemente molto elevati come si ha nel diabete non controllato (ipoglicemia relativa).Qui di seguito vengono riportati schematicamente i sintomi e i segni riscontrati in pazienti affetti da sindromi ipoglicemiche di varia origine e natura:Disturbi generali aspecifici all'inizio della crisi (attenenti prevalentemente alla sfera nervosa): irritabilità, stato ansioso, incapacità alla concentrazione, cefalea, astenia, adinamia;
Disturbi a carico dell'apparato gastroenterico: senso di fame, secchezza delle fauci con polidipsia, dolori addominali, nausea, vomito, talora diarrea;
Disturbi carliovascolari e respiratori: tachicardia, aritmie varie, angina (rara), ipotensione, anisosfigmia, bradipnea.
Disturbi del sistema nervoso autonomo: palpitazione, pallore, scialorrea, sudorazione, lacrimazione;
Disturbi neurologici: parestesie, fascicolazioni, crisi convulsive, paralisi, contratture (trisma), disturbi oculari (oftalmoplegia, diplopia, nistagmo, ambliopia, xantopsia, scotomi, anisocoria, midriasi), disordini extrapiramidali (tremori, rigidità, attacchi coreoatetosici);
Disturbi psichici: ansia, depressione, stato confusionale, atteggiamenti schizoidi, riso immotivato, melanconia, stato onirico, afasia, narcolessia.
Se il quadro ipoglicemico è completo è difficile incorrere in errori diagnostici; ma quando i sintomi sono subdoli possono entrare in discussione molte altre condizioni morbose. I quadri clinici con manifestazioni somiglianti ai disturbi delle sindromi ipoglicemiche sono elencati nella Tab.01.
E chiudo qui Sonny, senza polemica, solo per il gusto di informazione.
Buon tennis